La vita “In Equilibrio” tra corse ed attese, traversate e immobilità, tra un’isola e il mondo: esce il 14 febbraio 2013, in concomitanza con la sua esibizione in concorso al 63° Festival della Canzone Italiana di Sanremo, “In Equilibrio”, il nuovo album di inediti di Ilaria Porceddu, su etichetta D’Altro Canto (distrib. Emi Music).
L’album è anticipato in radio dalla title track, brano con il quale Ilaria partecipa al Festival; In Equilibrio annuncia anche i temi principali del disco: ai tempi della prima stesura della canzone, infatti, Ilaria lavorava già in giro per l’Italia, pur continuando a studiare a Roma e avendo sempre la Sardegna nel cuore. La canzone nasce e descrive proprio questa sensazione di sospensione, il sentirsi sempre di passaggio, ma racconta al tempo stesso l’orgoglio del vivere questa vita, la vita che si è scelti per sé. Il desiderio di farcela da soli si affianca qui al desiderio di conquistarsi un posto sincero nel cuore di qualcuno, un posto guadagnato con quella poesia che sta nelle piccole cose.
Questa breve riflessione autobiografica si fa universale – come esplicitato nel video della canzone -: l’incertezza sul domani non deve mai trasformarsi in timore, bisogna affrontare il proprio percorso senza scorciatoie, proponendo la propria verità senza filtri. Sfila così nel video una galleria di personaggi, equilibristi della vita: gente comune, colta nella propria quotidianità e teletrasportata in un non-luogo senza contesto; un circo di volti e storie ritagliate su un verde intenso: il colore della natura, del risveglio, della rinascita.
L’atmosfera della canzone è ispirata al film “La strada” di F. Fellini – una suggestione cinematografica che tornerà nell’album (Luna, Vendo e compro oro): come una giovanissima Giulietta Masina, Ilaria invita ad accettare l’artista per quello che è, a saperne amare ed apprezzare la ricchezza anche quando questa si può esprimere in un solo momento; felliniana è anche che la coloritura circense del pezzo, il tono da banditore-imbonitore che assume nello special, le parole che si susseguono sempre più veloci e incalzanti.
La ricerca costante di equilibrio, il dialogo continuo tra le proprie radici e l’apertura al mondo, si riflette nella struttura linguistica della canzone con un ritornello in sardo e le strofe in italiano.
La vita vissuta, il girovagare, i rapporti con la terra d’origine, il bilinguismo, la necessità e la paura di lasciare la propria casa per poter scoprire chi siamo davvero: questi sono i temi che ricorrono anche nel disco.
Molti dei brani in scaletta si sviluppano intorno a questo affascinante intreccio di tradizione e modernità, sfida e divertimento e fanno sì che il tema della tradizione sia declinato filologicamente come trasmissione di conoscenza, passaggio di testimone tra le generazioni. Come in Riu, canzone interamente in sardo, una ballad languida che sembra scivolare morbida nella ninna nanna; qui un vecchio saggio consiglia e tranquillizza un giovane sulle asprezze manifestate dalla ragazza di cui lui è innamorato: col tempo l’acqua che scorre levigherà quella roccia dura e tagliente e ne farà una dolce curva. O come in Mai mai, scritta a quattro mani da Lucio Dalla e Attilio Fontana (allora Fontana stava lavorando alla Tosca scritta e diretta da Dalla), dove a rassicurare sulla vita a venire è una donna matura: “Vedrai che ti ricorderai soltanto del tuo primo amore/i suoi occhi, il suo nome. […] cancella il dolore, le grida”; per quanto grande sarà quel dolore la fanciulla non dovrà chiudersi al mondo, “mai mai mai”.
Ancoraun racconto generazionale di un nonno a un nipote: in questa ballad struggente, l’anziano racconta Il mare, protagonista e metafora di mille episodi sparsi nella nostra storia letteraria e musicale; il vecchio ne ricorda la fama romantica (“Ci vanno a trovarlo tutti gli amanti del mondo”) e funesta (“Le voci che tremano/ le mangia l’oceano/le incastra in un’elica che gira e che va”), il suo quotidiano (“ci vanno a pescarlo / tutti i silenzi del mondo”) e il suo indiscusso potere salvifico (“porta la nave che ci salverà/dai nostri tentacoli/dai giorni difficili/ è il mare che ci salverà”).
Ma questo ancoraggio al passato, il canto della saggezza non si traducono mai in prevedibilità, mai qualcosa di scontato: Ubaldo e Loredanacantano una canzone che in un primo momento nessuno vuole ascoltare, niente in cui la gente possa riconoscersi, niente di già noto, “con questa musica dove si va? […] con questa musica niente si fa’!”. Eppure quella canzone va avanti, si fa strada tra le persone, fino a quando è sulla bocca di tutti: “canta la vecchia e pure la bambina/canta la gente del giorno prima” “questa è la musica che adesso va!”. Questa saccenteria a posteriori, queste certezze incrollabili che durano solo poche ore sono dette in una canzone dall’andamento un po’ francese e un po’ furfante, con ironia e senza acrimonia, nonostante i riferimenti autobiografici.
E questa leggerezza ritorna nell’invito a ballare di Movidindi, un invito passionale, quasi carnale al ballo. Qui gli echi di una musica sfrontata e un po’ andalusa incitano a ballare senza timori pudichi e ben pensanti (“senti il corpo come brilla”, “è il momento di ballare sotto un altro temporale / sopra un letto sfatto e ancora da rifare”). Movidindi è un inno al potere taumaturgico, liberatorio, dionisiaco della danza (“balla sulla vita che è una sola”).
Una diversa declinazione della leggerezza è quella invece che si trova in Libera. Qui la leggerezza è “nel volo di libertà” della protagonista, la sua sfida, la ribellione sono lievi come “coriandoli in festa”. Questa canzone, che si apre con una sottile melodia di carillon, esprime un grande desiderio di libertà, soprattutto al femminile; ma questo il desiderio di voltar pagina non ha bisogno di sbattere i pugni per manifestarsi. “È musica, solletico in testa”.
La leggerezza è anche quella delle ambientazioni cinematografiche e delle citazioni da avanspettacolo che percorrono il disco da In Equilibrio a Luna, da Vendo e compro oro al suono d’organetto che introduce Vola via. Già al momento della composizione, l’intreccio tra suggestione tematica e musicale è serrato: in Luna la composizione ha preceduto la scrittura del testo; intrisa di atmosfere celtiche e medievali ha suggerito il mondo shakespeariano tematizzato e la Giulietta protagonista, una fanciulla innamorata che soffre l’esilio del suo Romeo.
Vendo e compro oro è una marcetta da avanspettacolo, ha ritmo e tono ironici, brillanti. La canzone riprende i temi di In equilibrio: l’oro che tutti vedono e di cui tutti si preoccupano è quello che brilla o che muove la borsa. Ma qual è l’oro che abbiamo dentro? Il talento, le parole, la musica, il desiderio di esprimersi con l’anima. Così una povera artista vende l’oro della madre per poter continuare a esprimersi, ma lo fa con leggerezza e divertimento sconfinando nel grottesco.
Chiude e racchiude l’album Vola via, riattraversamento tematico e musicale dell’intero disco.Ogni volta che partiamo per un viaggio siamo costretti a fare una scelta: cosa lasciamo ? Cosa portiamo? Quando il viaggio riguarda la vita, costa più dolore e il momento dell’addio è un rituale, il rallenty di un film dove ogni movimento e oggetto nell’inquadratura diventano sacri, impressi indelebilmente nella memoria. È la canzone più autobiografica dell’album, poiché per Ilaria l’allontanamento dalla sua Sardegna è avvenuto quando lei era ancora giovanissima ma già l’urgenza di scoprire nuove mete era impellente (“piega le lacrime / che bisogna andare / via da quest’isola”); questo disco, questa canzone (anche qui alcuni versi sono in lingua sarda) è il ritorno a quella terra, il riappropriarsi di quell’appartenenza tornando dal viaggio arricchiti e più consapevoli.
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