Gli italiani lo fanno meglio: che soddisfazione vedere e ri-vedere la nostra bella commedia musicale (attenzione, non ho detto musical), nata qui e troppe poche volte esportata.
Perchè, nonostante qualche ministro non sia d’accordo, lo spettacolo è business: aumenta il PIL, dà da mangiare, direttamente e con l’indotto a centinaia di persone, e quando è di qualità va esportato, come prodotto d’eccellenza, al pari e forse più di moda e culinaria.
Come importiamo i prodotti migliori dall’estero, come Cats, è giusto portare fuori le nostre creazioni
E nell’eccellenza dello spettacolo, c’è il plus valore che fa la differenza: il cuore.
I classici a teatro possono essere ricoperti da uno strato di polvere e non quella del palcoscenico: polvere della sufficienza, del riproporre sempre le stesse cose, perchè si va sul sicuro, polvere del “si può fare solo così”. A volte, invece, si spinge troppo, si attualizza, modernizza, stravolge, ahimé, finendo nel trash e nella volgarità grautita.
Mai nel caso di Garinei&Giovannini.
Se grazie all’entusiasmo della giovane Compagnia dell’Alba è tornato a nuova vita quest’anno Aggiungi un posto a tavola, Rugantino è tornato a splendere di tutte le sue luci, in questa nuova edizione, andata in scena agli Arcimboldi in questo periodo.
L’edizione 2010, con oltre 130.000 spettatori e i 4 mesi di permanenza al teatro Sistina, non aveva valicato i confini del Tevere ed era rimasta là, dove era nata.
Ora Roma, Milano, il maggio Fiorentino (sarà al Teatro Verdi di Firenze da giovedì 1 a domenica 4 maggio; spettacoli ore 20,45 – domenica ore 16,45) e poi, il grande ritorno a New York (dall’11 al 15 giugno) dove era già stato nel 1964, a due anni dal suo debutto.
La commedia musicale, con i titoli in italiano, sarà al City Center, per festeggiare i 50 anni della prima rappresentazione a Broadway, quando venne messo in scena al teatro Mark Hellinger registrando il tutto esaurito per tre settimane: il cast era composto da Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Bice Valori ed Ornella Vanoni.
Ora, ci torna il nuovo straordinario cast, capeggiato da Enrico Brignano, che ha voluto darci una versione fedelissima alla regia originale di Garinei e Giovannini.
Enrico ha fatto quello che non ci aspettavamo: è spesso difficile per un artista così popolare e riconoscibile assumere “un ruolo” a teatro. Siamo abituati a vederlo come Brignano, Brignano con la O. Chi dice che in questo spettacolo emerge troppo il suo gigioneggiare, secondo me, è in errore.
Brignano fa un passo indietro: si smaterializza e si ricostruisce in Rugantino, come ogni grande attore deve fare.
Diventa Rugantino.
Rugantino è una maschera: ma come mai i bambini a carnevale non si vestono da Rugantino, e preferiscono ancora Arlecchino o Pulcinella? Perchè sotto sotto, la maschera di Rugantino fa paura: è attuale, è viva, la troviamo accanto a noi ogni giorno. “Siamo tutti Rugantino”. E non solo a Roma, in Italia.
Siamo tutti sbruffoni, sicuri di sé, ma in realtà fragili, “pupazzi”, bambini, recitiamo un ruolo per credere in noi stessi e per farlo credere ad altri; facciamo di necessità virtù, conosciamo l’arte di arrangiarci. Ruganza viene da arroganza.
Ecco, il Rugantino di Brignano: Brignano ci crede, e dimostra di essere un attore di gran stazza, delizioso nelle parti da guitto istrionico, ironico, comico e tremendamente drammatico.
Ci immedesimiamo, lo amiamo e lo detestiamo bonariamente, come il ricettacolo dei nostri difetti, come lo può “detestare” Mastro Titta, a cui “ne ha fatte troppe”.
Con lui, attori tutti in grazia di dio, da una deliziosa Serena Rossi, fisicamente forse troppo elegante e di una bellezza delicata (ricordate l’ultima Rosetta, la più popolare e popolana, Sabrina Ferilli per fare la procace Rosetta, ma che stupisce per intensità e voce, pur non essendo romana doc; Paola Tiziana Cruciani, grande interprete della senza patria in cerca di un focolare Eusebia, Vincenzo Failla, siciliano nel ruolo di Mastro Titta, malinconico e struggente, più che nelle precedenti edizioni..
E poi un cast importante, con 20 ruoli e 20 solisti, su cui spiccano Michele Gammino, Valentina Spalletta (Marta), Andrea Perozzi (il Serenante), Andrea Ciarlantini Carli (Scariotto), rientrato in questi giorni nel cast ed Armando Silverini, che fu già nella versione che sbarcò a Toronto nel 1964.
Un grande sforzo produttivo di Live Nation, MF Produzioni e del Teatro Sistina che, come per la passata edizione, utilizzano scene e costumi originali firmati da Giulio Coltellacci, oggi restaurati, con cura filologica, da Mario Amodio: addirittura uno dei pantaloni che indossa Failla furono di Aldo Fabrizi.
Scene materiche, il doppio girevole, la profondità, con le colonne, gli archi, e la torretta della casa coniugale di Rosetta e Gnecco, così vere che sembra di stare davvero a Roma, certo, qualche anno fa.
Perchè è la Roma papalina del XIX secolo che porteremo in America, perfettamente ricostruita, con cura dei dettagli, attenta ed appassionata ricostruzione storica delle tradizioni, perfettamente delineate, in primo piano o controscena: i lanternoni, gli stornelli, le Fragolaie, le processioni a San Pasquale, i banditori notturni (ma come potevano dormire i romani, con questi che passavano regolarmente ad annunciare le ore?).
Ed in queste scene, le tradizionali coreografie di Gino Landi, illuminate da un sapiente disegno luci di Giancarlo Bottome e Valerio Tiberi, si fondono e descrivono, accompagnano e sottolineano, contribuendo a creare quell’atmosfera che ha tenuto inchiodato il pubblico per tre ore e mezza di spettacolo, quasi un rave, un happening teatrale, dove la gente va volentieri e spende quei soldi, che dicono si tagli immediatamente nei periodi di di crisi.
E chissà se a New York si stupiranno nell’accorgersi che alcuni brani (orchestra in buca), di Armando Trovajoli, come Roma non fa’ la stupida stasera o Ciumachella, sono nate in questo spettacolo.
Perchè l’Italia è non solo musical, ma anche, e soprattutto, commedia musicale.
LINK UTILI
RICONOSCIMENTO NAZIONALE GARINEI&GIOVANNINI
INTERVENTO BRIGNANO CONFERENZA ARCIMBOLDI