Oggi vi propongo All out, in scena al Teatro Caboto di Milano dal 19 al 30 novembre.
Lo spettacolo ha debuttato lo scorso giugno: è stata una prima europea assoluta a cui ha assistito anche l’autore John Rester Zodrow, venuto appositamente dagli Stati Uniti (nel comunicato trovi una sua dichiarazione sull’eccezionale performance della compagnia italiana).
Il tema. Tutto gira intorno ai soldi: quanto in là si può andare per il denaro? All out inizia come un tipico game-show televisivo, e il pubblico in sala è chiamato a partecipare attivamente ogni sera.
Un aneddoto. Zodrow ha scritto All Out per la TV: era lungo mezz’ora ed era stato registrato negli studios della CBS a Los Angeles. Le persone in coda per entrare come pubblico a “Jeopardy ” e a The Price is Right”, invitate a partecipare alla puntata zero, pensarono si trattasse di un nuovo quiz a cui assistere. Per gli spettatori All out fu uno shock totale, tanto che quando le puntate furono trasmesse a livello nazionale, arrivarono migliaia di telefonate di protesta, perchè era talmente reale da sembrare un vero game show.
All out ha girato l’America per 30 anni, “sfidando” il pubblico di ogni città e vincendo diversi premi di critica. Il Washington Post l’ha definito “Un nuovo, terribile gioco a premi che diventa un’opera morale…e sorprende!”.
Ho intervistato per voi i due registi italiani, Demetrio Triglia e Laura Tanzi.
Leggete nella prossima pagina l’intervista e tutte le info!
Demetrio e Laura, come avete conosciuto questo testo così particolare? E perchè portarlo in scena in Italia?
D. Dopo “Chi ruba un piede è fortunato in amore” dei Fo abbiamo intrapreso una lunga ricerca per trovare il terzo elemento della trilogia. L’unica cosa che sapevamo era che volevamo un testo completamente nuovo e inedito in Italia, su cui potessimo lavorare con la massima libertà, non avendone un’idea pregressa e non avendolo mai visto in scena. Ci siamo orientati istintivamente sulla drammaturgia contemporanea americana. “All Out” è stato il primo testo che abbiamo letto, ma ci spaventava un po’ per l’elevato numero di attori necessario per metterlo in scena. Siamo quindi andati avanti, leggendo molti altri lavori, però col pensiero tornavamo sempre a quel primo testo. Così alla fine, dopo un lungo giro siamo tornati al punto di partenza. “All Out” aveva tutto quello che stavamo cercando, quindi abbiamo preso il coraggio a due mani, abbiamo contattato l’autore per avere l’autorizzazione a tradurlo e metterlo in scena e abbiamo iniziato a lavorarci, partendo dai casting per trovare gli attori che ci mancavano.
Un testo, se vogliamo dire, “pirandelliano”, dove il pubblico diventa attore e la quarta parete viene sfondata. Non per nulla, questo spettacolo chiude la “trilogia della menzogna”, un lungo percorso che Lyra Teatro ha intrapreso per indagare sulle varie declinazioni del tema della falsità attraverso la drammaturgia contemporanea italiana ed anglosassone. Come avete tradotto e “calato” nella nostra realtà questo testo, senza snaturarlo?
L. Per noi il testo teatrale è sacro e la traduzione è stata il più aderente possibile all’originale. Non ci interessava “italianizzarlo”, anzi, ci interessava trasporlo nella maniera più fedele possibile e lavorare sul farlo nostro partendo dalle parole e dal senso. Inoltre, l’ambito del reality show già di per sè è familiare al pubblico italiano, non per nulla i format televisivi vengono riprodotti pressochè identici in tutto il mondo. Il testo è fatto di dialoghi molto veloci e incalzanti, quindi abbiamo cercato il più possibile di mantenere questa immediatezza nell’italiano, con battute brevi e ritmate. Sulla traduzione abbiamo collaborato strettamente con John, che ha apprezzato molto il nostro rispetto del suo testo.
Uno spettacolo che prevede, quindi, ogni sera il coinvolgimento del pubblico in sala. Come hanno reagito le persone, nelle rappresentazioni di giugno? L’italiano è disposto, come negli States, a salire sul palco e mettersi in gioco?
L. La quarta parete viene abbattuta subito perchè al pubblico viene sempre richiesto di applaudire, proprio come nelle trasmissioni televisive, e perchè i concorrenti dello show sono seduti in platea e da lì salgono sul palco. Non viene quindi chiesto di salire sul palco, ma di partecipare attivamente con gli applausi e stando al gioco “in onda/fuori onda” su cui si gioca tutto il ritmo dello spettacolo. In questo senso il pubblico collettivamente è come un undicesimo attore in scena, la cui partecipazione è fondamentale. A giugno il pubblico ha partecipato entusiasticamente, contribuendo alla riuscita dello spettacolo dall’inizio alla fine.
L’Autore John Rester Zodrow, ha assistito alla vostra versione. Come è stato per lui e per voi averlo in sala?
D. Per noi è stato un grande onore, e una grossa responsabilità, avere John in platea. Non avevamo mai recitato davanti all’autore ed è stato molto emozionante. John ha apprezzato molto il nostro lavoro e ha voluto concludere le repliche con un breve discorso e rispondendo alle domande del pubblico. E’ stato un momento di scambio reciproco molto profondo e sincero. E’ stato anche bello confrontarci sulla differenza nel fare teatro fra gli Stati Uniti e noi. Due modi completamente diversi. Con i pro e i contro.
Alla luce della Trilogia che avete messo in scena, cos’è, secondo voi, la Verità e cosa la Menzogna, in teatro?
L. Nella trilogia abbiamo esaminato la varie declinazioni del mentire, a se stessi agli altri, indagandone i diversi colori, come luce scomposta in rifrazioni attraverso un prisma. I testi che ci hanno permesso di fare questo viaggio sono diversissimi tra loro per linguaggio e registro. In “Kvetch” di Berkoff mentire è nascondersi sotto una coperta per la paura di non essere all’altezza delle situazioni della vita. In “Chi ruba un piede è fortunato in amore” le bugie sono giocose scatole cinesi su cui si reggono mirabolanti equivoci e scambi di persona, che crollano in un soffio come castelli di carte. In “All Out”, per evitare cause legali, i produttori chiedono ai concorrenti del programma di inventarsi vite “fittizie”. I concorrenti raccontano se stessi attraverso questa patina di finzione: un meccanismo forzato che non funzionerà e renderà ancora più vero quello che vivono. Il risultato finale di questo lungo percorso è che la verità è un mosaico di momenti fugaci, che costano molta fatica, e che la verità in teatro è proprio mostrare la menzogna in tutta la sua potenza e questi piccoli momenti di luce in tutta la loro fragilità.
Perchè il pubblico dovrebbe venire ad assistere…o a partecipare a questo spettacolo?
D. Perché si emozionerà. Lo spettacolo è molto coinvolgente. Come accennato, al debutto tra il pubblico c’era un energia che non ci aspettavamo. Abbiamo curato la regia avendo le idee precise su quello che volevamo, ma senza avere idea di come l’avrebbe presa il pubblico. Vederlo reagire a ciò che succedeva sul palco è stata una’ stata una delle emozioni più grandi che abbiamo mai provato a teatro.