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Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, Una favola Moderna: recensione e video del curtain call dell’anteprima

“Il sogno è un teatro in cui chi sogna è scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico insieme” C. G. Jung

Jung lo intuì: e spesso è vero anche il contrario. Il Teatro è sogno, come lo è la vita per Pedro Calderón de La Barca.

Il Teatro è sogno per chi lo crea, per chi passa da un’idea ad un testo, una sceneggiatura, una messa in scena.

Lo è per chi lo fa: l’attore sulla scena sta in una bolla dove può giocare ad essere chiunque, in un tempo indefinito e soggettivo.

Lo è per chi lo vede, che viene spesso catapultato in un mondo “altro” da sé, ma collegato a sé dai fili dell’inconscio, collettivo e personale.

E quale spettacolo teatrale può essere sogno per definizione, se non l’onirico racconto di Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie? Uno spettacolo sognato da Chiara Noschese e, voilà, in scena al Teatro Nazionale Che Banca!


Ma attenzione.

Lo spettacolo che sarà in scena dal 15 ottobre, fino al 30 dicembre, tutti i sabato pomeriggio alle 15.30, non è un un musical, è pura prosa, solo accompagnata da una significativa Bohemian Rhapsody, riarrangiata in vari modi, per finire, sul happy end, con un Don’t Stop Me Now, altrettanto intriso di senso.

Toglietevi dalla testa, quindi, tutte le precedenti versioni, teatrali e non, degli ultimi anni: al massimo, potete ripensare alla versione cinematografica più recente, quella con Johnny Deep, altrettanto onirica ed approfondita.

Sì, perché in questa messa in scena c’è tanto, è piena di “moltosità”, è “moltosissima”: ci sono tutte le citazioni più note del romanzo e tutti i sensi e sottotesti che il miglior sottomondo possa richiedere.

« Se tu conoscessi il Tempo come me, non parleresti di perderlo! Scommetto che non hai mai parlato con lui » « Non mi pare » rispose Alice prudentemente « ma so che quando studio musica debbo batterlo » « Adesso capisco! » disse il Cappellaio. « Ma lo sai, almeno, che lui non sopporta le bastonate? Se tu riuscissi a restare in buon accordo con lui, ti farebbe tutto quello che desideri tu ».

Il Tempo, scandito da grandi orologi proiettati. Il rito di passaggio è fermo, bloccato, in stand by: se vero che il tempo può essere soggettivo, in questa versione delle Avventure di Alice il tempo si è bloccato ad un quarto d’ora prima dell’ora del té.

Bizzarro bizzarrissimo, ciò non è bene, perché la rappresentazione teatrale onirica, il sogno, il tempo deve poter scorrere.

“Ciò che noi vediamo nello specchio postoci di fronte dal Sè è l’unica fonte genuina di auto-conoscenza (…). Lo specchio che ci restituisce nel modo più fedele l’autentica immagine di come siamo veramente è naturalmente il sogno” M. L. Von Franz

Alice è nello specchio, ma non si vede riflessa fino alla fine dello spettacolo: in scena con un’Alice di 18 anni (Elisa Lombardi), ragazza/bambina, ma che deve diventare grande, come la Wendy di Peter Pan, troviamo, dietro un voile incolore, una Alice bambina (Raffaella Alterio): due Alice in una, Alice la svitata, che torna nel sottomondo per poter crescere.

Lì, nel suo sottomondo, nel suo sogno, nel suo inconscio, ritroverà vecchi amici, personaggi in maschera, grazie alla quale la censura onirica camuffa amici, padri, mamme.

E tutti riconosceremo Il Bianconiglio (Matteo Sala – Bianconiglio/Stregatto), il Cappellaio Matto e il Brucaliffo (Mario Acampa – Cappellaio Matto/ Brucaliffo), ma anche un leprotto assistente (Martino Forte – Lepromatto) e, naturalmente, una straordinaria Regina di Cuori, proiettata e gigante, dove una splendida Chiara Noschese stile Killer Queen rappresenta tutte le paure, dalla mamma autoritaria, ad ogni timore della vita.

Alice per crescere deve perdonare: perdonare il padre assente, la mamma chiusa nel suo dolore, i parenti che la ritengono strana, ma soprattutto se stessa. Ce la farà?

Se il testo c’è, ed è importante, c’è anche la recitazione: “prosa da prosa”, ben recitata, pulita, convinta e delicata.

C’è emozione. Ci sono attori che ci credono, si commuovono, così come il pubblico, a cui sfugge qualche lacrimuccia.

“Il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta e intima dell’anima, aperta sulla notte cosmica originaria che era già anima molto tempo prima che esistesse una coscienza dell’Io, e che sopravviverà come anima a tutti i prodotti della coscienza dell’Io.” C. G. Jung

Ci sono luci di grande impatto (Disegno Luci – Francesco Vignati) e c’è tecnologia (contributi video – Kino Pelliconi, Francesca Cortesi, Gerd Solarino), dove le porte diventano piccole e grandi e nel bosco pare di poterci camminare dentro.

L’impianto scenico ed i personaggi cattureranno l’attenzione dei più piccoli, ma vi consiglio comunque di non portare bambini inferiori ai 10 anni: non capirebbero e perderebbero la bellezza di uno spettacolo, studiato per i figli, ma adatto anche ai genitori ed a tutti coloro che bambini non sono più, ma vogliono ritrovare quel qualcosa che forse, per mancanza di quel tempo di cui abbiamo parlato, e della crescita, dovuta al troppo tempo che hanno vissuto, forse non provano più.
Infine, se i più piccoli saranno catturati anche dall’interazione con il pubblico, che può invece risultare meno accattivante per gli adulti, tutti comunque potranno godere di uno spettacolo curato, ben studiato, recitato perfettamente e di grande impatto visivo.

Bravi quindi tutti ed in primis a Chiara Noschese, qui ottima regista, ma anche interprete che auspicherei rivedere sul palco.

“Sapeva che sarebbe stato sufficiente aprire gli occhi per tornare alla sbiadita realtà senza fantasia degli adulti.”

Per concludere, consiglierei alla produzione di inserire qualche serale, affinché anche gli adulti possano passare una sera diversa a teatro, a divertirsi e pensare.

Ora, scusatemi, ma… Oh, no, no, no, no, no, no! È tardi! È tardi, sai? Io son già in mezzo ai guai! Neppur posso dirti “ciao”: ho fretta! Ho fretta, sai?

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