Due è il numero perfetto?
Da dove nasce la leggenda del 3 come numero perfetto? Non cercate su google e ponetevi la domanda.
Effettivamente, Gli organi interni sono a coppie, le braccia e le gambe sono due, gli occhi pure, Eros e del Thanatos, bianco e nero, bene e male, Gianni e Pinotto, Cip e Ciop.
Due, rigorosamente due, e dopo aver visto lo spettacolo scritto da Luca Miniero (insieme a Astutillo Smeriglia) siamo portati a crederlo.
Perché Miniero, regista di film fortunatissimi come Benvenuti al Sud o al Nord (lo vedete? Due anche qui!), ha scritto un testo leggero, scattante, a volte esasperante, e dirige in scena, ovviamente, DUE protagonisti, Raoul Bova e Chiara Francini.
Un testo che non vi darà le soluzioni per i rapporti di coppia, ma che almeno fa delle ipotesi.
E se è vero che si va a scomodare Epicuro (in greco antico: Ἐπίκουρος, Epíkouros, “alleato” o “compagno), che tanto stava bene nel suo mondo ellenico, come “soccorritore” che per il protagonista Marco potrebbe chiarire tutte le problematiche della vita, è anche evidente che, pragmaticamente, l’uomo ideale non esiste: altrimenti sarebbe l’uomo reale.
Ma sarà possibile in questa vita raggiungere l’Atarassia, a meno che con questo termine non si definisca solo un’eventuale figlia “ipotetica e ideale” futura, chiamata con un nome agghiacciante, quanto improbabile?
Agli spettatori l’ardua sentenza.
Perché, vedete, a teatro si va per trascorrere due ore pensando, ridendo, ragionando ed anche immedesimandosi.
E anche se la donna diventa un cliché, come nel personaggio di Paola, in qualcosa ci si riconosce sempre.
Toscana, Chiara Francini, toscana dans la peau, con quella irriverenza particolare e quell’energia che ha elargito a larghe mani alla sua Paola, senza mai permetterle di cedere.
Buffa, buffissima, iconica, spumeggiante, Chiara Francini è una donna piena di dubbi, che non ha paura di volare, non ha paura del sangue, ma sì, ha paura del matrimonio. Buffo, no?
Siamo portati a pensare che siano gli uomini a bloccarsi davanti a quello che molti definiscono “la tomba dell’amore”.
Le domande, i dubbi e le paure di Paola si proiettano nel futuro, di 20 anni in avanti e prendono forma con le sagome cartonate che riempiono il palco, attorno al fulcro centrale, un talamo in fieri, che non riesce a realizzarsi.
E i personaggi non in cerca di autore, a cui le voci dei protagonisti danno anima, sono proiezioni nel tempo, come in un libro di Valerio Evangelisti sull’Inquisitore Eymerich, dove si va avanti e indietro, pensando a quello che sarà, in ipotesi, se oggi si parte così. Da queste basi, forse solo sulla chimica dell’innamoramento.
Se Chiara Francini conquista il pubblico con la sua verve ed il suo perfetto isterismo bipolare da donna spaventata, alter ego è il maschio, all’apparenza semplice, basico, ben piantato nel presente, grazie alla sua filosofia epicurea ed al suo pragmatismo: beh, ben piantato ma non abbastanza nel piantare chiodi, goffo, tenero, innamorato e hic et nunc. Con velleità da scrittore, che restano velleità.
E se la Francini rimane toscana, Bova, che pochi sanno fece già teatro, e con grandissimi nomi, 18 anni fa, diventa un napoletano doc, privo di babà per essersi trasferito al Nord, – Roma Nord.- e stupisce per la sua padronanza del palco, nonostante l’allontanamento che l’ha portato ad essere “maggiorenne” tra cinema e tv.
Vero, convincente, pacato, Bova, si affianca alla Francini senza titubanze, per darci una coppia comica affiatata, la spalla e l’umorista, mentre cerca di costruire quel letto Ikea (ma sarà lo sponsor? Pensateci!), con le istruzioni incomprensibili come la vita.
Ed i balli di coppia abbozzati in scena sono forse il momento di dialogo più vero tra un uomo che fa gaffe ed una donna che vuole certezze.
La scena tripartita tra il letto, le sagome e la falsa parete materica che crollerà miseramente verso la fine dello spettacolo, racchiudono una serata leggera, divertente, veloce, ma non senza qualche contenuto riflessivo.
VIDEO INTERVISTE E CONFERENZA STAMPA
Il pubblico c’è, nonostante Sanremo, al Manzoni di Milano, ride, applaude, conferma.
Un’ora e venti di spettacolo da trascorrere come in salotto (o in camera da letto), con due attori da scoprire al di fuori dei personaggi, la svampita ed il sex symbol, che siamo abituati a vedere sul grande schermo.
E poi, quanto può essere sexy un uomo con il martello che vuole costruire il futuro per la sua amata? Ditemelo voi. Per me, parecchio.
Andateci, magari anche DUE volte.
AL MANZONI DI MILANO FINO AL 25 FEBBRAIO.
CURTAIN CALL 8 FEBBRAIO AL MANZONI
ORARI: feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30
BIGLIETTI:
da martedì a venerdì Poltronissima Prestige € 35,00 – Poltronissima € 32,00 – Poltrona € 23,00
Poltronissima under 26 € 15,00
sabato e domenica Poltronissima Prestige € 39,00 – Poltronissima € 35,00 – Poltrona € 25,00
Poltronissima under 26 € 17,00
LE PROSSIME CITTA’
Fino al 25 al MANZONI di MILANO
26 FEBBRAIO Ferrarra,
27, 28, FEBBRAIO e 1 , 2 MARZO verona,
3 e 4 MARZO Torino