Di a da in con su per tra fra Shakespeare è la storia di un amore. Dell’amore di Serena Sinigaglia, autrice e interprete di questa conferenza – spettacolo, per William Shakespeare. E’ la storia di una consapevolezza maturata negli anni, quella per cui “[…] i maestri, se sono veri maestri, devono aiutarci a illuminare la via per ritrovare noi stessi dentro all’opera che si sta studiando. Dovrebbero suggerirci le domande più appropriate per arrivare a quel senso di appartenenza di cui non si può fare a meno, se davvero si vuole fare esperienza di cultura […]”.
Per questo Shakespeare – e come lui tutti i ‘classici’ – ci riguardano e in qualche modo parlano a noi: “perché la cultura non c’è, se non c’è il soggetto vivente che la vive. La cultura è relazione, sempre. Relazione tra le persone, tra i ricordi, tra le emozioni, tra i pensieri”. Questo il punto di partenza di Di a da in con su per tra fra Shakespeare, “la storia di come io e Shakespeare ci siamo prima odiati e poi amati pazzamente”, spiega la regista. “La storia della mia giovinezza e del mio mestiere. La storia di come sono arrivata a mettere in scena, appena ventenne, Romeo e Giulietta e Re Lear. La storia di una prima volta, la prima volta che scoprivo quanto vicina e toccante può essere la parola di un poeta, quanta concreta semplicità, quanta vita dentro le sue storie, quanta parte di me dentro i suoi versi”.
Una storia molto personale e proprio per questo ‘raccontata da lei medesima’, dalla stessa Sinigaglia, in scena, con la collaborazione di alcuni attori della sua compagnia, Arianna Scommegna e Mattia Fabris, per la scena del balcone di Romeo e Giulietta e per il finale di Lear.
NOTE DI REGIA
“ Egregio signore, io non vi so dare altro consiglio che questo: penetrate in voi stesso e provate le profondità in cui balza la vostra vita; alla sua fonte troverete voi stesso la risposta alla domanda se dobbiate creare…Un’opera d’arte è buona se è nata da necessità”
Lettera ad un giovane poeta A. M. Rilke
Costretta per anni a leggere il Manzoni, odiavo il Manzoni.
Mi dicevano che Shakespeare è il più grande ma io venivo sopraffatta dalla noia molto prima di arrivare alla fine di una qualsiasi delle sue opere.
E Dante? Un rompicapo, un incubo. E così via per quasi tutti i “ grandi” che ero obbligata a studiare.
L’assurdità era ed è che nessuno poneva la domanda più ovvia, e cioè: perché mai dovrebbero riguardarmi quelle opere? Cosa mi riguarda di Dante, Manzoni, Shakespeare, Hegel, Kant, Ariosto, Joyce…? Insomma cosa c’entro io con le loro storie?
L’opera, anche la più sublime, è morta fino a che non è un essere umano vivente a rileggerla, a “riviverla”. Tu sei importante, tu che con la tua sensibilità, la tua esperienza, i tuoi gusti, fai tua l’opera. La cultura è relazione, sempre. Relazione tra le persone, tra i ricordi, tra le emozioni, tra i pensieri. I maestri dovrebbero aiutarci a illuminare la via per ritrovare noi stessi dentro all’opera che si sta studiando. Dovrebbero suggerirci le domande più appropriate per arrivare a quel senso di appartenenza di cui non si può fare a meno se davvero si vuole fare esperienza di cultura.
Di a da in con su per tra fra Shakespeare è la storia di un amore. Il mio amore per Shakespeare. E’ una storia irriverente e forse anche un po’ stupida, ma l’amore, si sa, è cieco. E’ la storia di come io e Shakespeare ci siamo prima odiati e poi amati pazzamente. E’ la storia della mia giovinezza e del mio mestiere. E’ la storia di come sono arrivata a mettere in scena, appena ventenne, Romeo e Giulietta e Re Lear. E’ la storia di una prima volta, la prima volta che scoprivo quanto vicina e toccante può essere la parola di un poeta, quanta concreta semplicità, quanta vita dentro le sue storie… quanta parte di me dentro i suoi versi.
Trattandosi di un argomento così personale, ho deciso di essere io stessa in scena a “raccontarlo”, cosa piuttosto inusuale per me, che normalmente sto fuori a dirigere. Con me in scena Mattia Fabris e Arianna Scommegna, amici, colleghi fraterni da una vita: mi aiutano a rendere più fruibile e divertente il tutto, calandosi nei molti personaggi – “classici” e non – che vanno ad animare il mio racconto. E così la conferenza si arricchisce della “partecipazione straordinaria” dei miei attori, che per altro hanno praticamente condiviso con me tutto quello di cui vado a raccontare.
Il testo l’ho scritto io, o meglio le parti belle le hanno scritte Shakespeare, Calvino, Rilke, Brook e molti altri “grandissimi”, il resto l’ho scritto io.
Serena Sinigaglia
BIGLIETTI:
Poltronissima Prestige € 21,00 – Poltronissima € 18,00 – Poltrona € 13,00 – Under 26 € 15,00
24 MAGGIO ORE 18,30 – LABORATORIO DI FILOSOFIE DEL TEATRO
Ingresso libero (fino esaurimento posti disponibili)
Il corso di Filosofie del Teatro, nato dalla collaborazione tra Università Vita-Salute San Raffaele e ATIR, Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca, si compone di un ciclo di sette incontri che intendono esplorare l’intreccio fra sapere filosofico e teatrale attraverso un dialogo che vedrà protagonisti filosofi e artisti della scena contemporanea. Si propone di fornire ai partecipanti le conoscenze per una visione consapevole dell’evento teatrale nei suoi molteplici linguaggi, dalla drammaturgia alla regia, dal lavoro dell’attore alla scenografia, dalla musica alle luci.
A confrontarsi sul palcoscenico del Teatro Manzoni, giovedì 24 maggio alle ore 18.30, Serena Sinigaglia, regista internazionale e fondatrice di ATIR e Nadia Fusini, studiosa di teatro elisabettiano e insegnante del corso di perfezionamento di Letterature Comparate presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. L’appuntamento si aprirà con una breve performance degli artisti, tratta dallo spettacolo in scena “Di a da in con su per tra fra Shakespeare”, seguita da un intervento del filosofo e da un dibattito con il pubblico.