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EDITORIALE

EDITORIALE: Carlo Giuffrè, il buono del caffè tradizionale

Si dice in questi giorni che una famosa ditta produttrice di moka (quella che l’ha ideata), la classica macchinetta del caffè, nata nel 1933, sia sull’orlo della chiusura.

Chissà quanti di voi, stamattina, stanno leggendo questo articolo ascoltando il borbottio (che bella parola onomatopeica) del caffè sul fuoco.

Oppure già state sorseggiandone la vostra tazza, calda e fragrante tra le mani, ricordandosi o scoprendo che Carlo Giuffrè ci ha lasciato.

Vedete, la moka non può morire.

Chi come me ha avuto la fortuna di assistere alla scena del caffé, nel 2012, in Questi Fantasmi, al Teatro Manzoni di Milano, con Giuffrè, sa che il caffè è arte, come lo dissero in tanti, da Eduardo De Filippo in poi.

E non nelle pubblicità. 

Dall’ atto secondo di “Questi Fantasmi” «Sul becco io ci metto questo “coppitiello” di carta … il fumo denso del primo caffè che scorre, che è poi il più carico non si disperde. Come pure … prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre quattro minuti, per lo meno, … nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata, … in modo che, nel momento della colata, l’acqua in pieno calore già si aromatizza per conto suo.»

Forse il bricchetto che utilizzava in scena Giuffrè e tutti i grandi che hanno interpretato questo pezzo come lui, non era propriamente una moka, ma il funzionamento era quello: e vedete, ci sono le cialde, moderne ed aromatizzate, e poi c’è la moka.

E Carlo Giuffrè non era certamente una semplice cialda.

IL RICORDO DI SILVIA AROSIO

Ho un ricordo molto vivo di Carlo Giuffrè: quando lo recensii per Questi Fantasmi, al Teatro Manzoni di Milano, mi telefonò personalmente per ringraziarmi e farmi i complimenti per il mio articolo.

Rammento che ero sulla metropolitana ed il mio cuore perse un colpo.

Tornai a vedere lo spettacolo e gli portai questo programma di sala di un suo “Sei personaggi in cerca d’autore” di qualche anno prima: testo molto letto, studiato e sottolineato da me.

Vissuto.
Giuffrè mi chiese di regalarglielo: con educazione ma con fermezza, rifiutai.
Ne rimase ancora più colpito e mi fece la dedica che vedete.

Forse i fantasmi siamo più noi, ora, quando é calato il sipario su un altro Gentiluomo del Teatro.

Grazie, Sig.Giuffré.

Oggi, il nostro caffè è dedicato a Lei.

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