Riflettori su
Interviste

Italiani all’estero: intervista a Simone Sassudelli al debutto di Oliver

Rispolveriamo la nostra rubrica di Italiano all’estero, con
un altro performer che ha deciso di lasciare la nostra penisola e ci racconta
la sua esperienza.
Simone
Sassudelli
, nato a Trento, classe 1995 e diplomato alla SDM di Milano, sta per
iniziare le prove per il musical “Oliver!” con la produzione Musical
Theatre West, uno fra i più rinomati centri di musical della West Coast (che ha
visto fiorire performer come Derek Klena, Todrick Hall).
Farà parte
dell’ensemble in quanto i ruoli principali sono ricoperti da ragazzi più
piccoli. A prendere il ruolo di Fagin ci sarà l’ex- Fantasma dell’Opera Davis
Gaines. 
Regista
Jamie Rocco, Coreografo Hector Guerrero e direzione musicale di Ryan O’Connell.
(maggiori info su musical.org).
“Sono
davvero emozionato perchè sarà il mio primo debutto professionale nel teatro
americano e sono tanto curioso di vedere che cosa porterà nel futuro. 

Andremo in
scena dall’8 febbraio al Carpenter Performing Arts Center di Long Beach”. 

 
1. Simone, come mai la scelta di trasferirti in America?

Hai presente il “colpo di fulmine”? Ho visitato gli States da piccolo e me ne sono innamorato. Non l’ho“scelto”, è stato un istinto che ho seguito da sempre.

Ho visto Mary Poppins volarmi sopra alla testa qualche anno dopo la mia prima visita negli USA ed è proprio in quel momento che con gli occhi lucidi e sognanti ho deciso che quella sarebbe stata la mia casa un giorno. Ero un bambino, ma con le idee già ben chiare.

2. Avevi comunque già partecipato a produzioni qui da noi. Quali?

Con l’SDM di Milano abbiamo portato in scena Funny Girl e Full Monty e a seguire ero il Jet Snowboy in West Side Story al Manzoni di Milano, diretto da Federico Bellone e con coreografie originali curate da Gail Richardson (Wizard Production). La scorsa stagione invernale ho fermato gli studi negli States per tornare in Italia con il tour di Grease firmato Compagnia Della Rancia, in cui interpretavo Tom (cover di Danny e Vince)… un sogno.

3. Ti sei anche diplomato presso AMDA American Musical and Dramatic Academy di Los Angeles nel 2018: cosa ha significato studiare in una scuola di questo tipo?

Lo shock culturale prima di tutto.

L’impostazione che ho trovato è stata molto simile a quella in SDM, con la differenza di un’offerta di percorso di laurea di quattro anni in diversi indirizzi ma sempre inerenti a spettacolo, cinema e danza. Senz’altro la lingua e lo studio dell’accento americano sono state le mie più grandi sfide; fluenza e specificità nella fonetica e dizione sono fattori determinanti se si vuole lavorare all’estero.. e il mio accento trentino è stato difficile da nascondere anche qui. Le classi erano molto piccole e in questo modo sono riuscito a lavorare individualmente su basi già forti che avevo costruito a Milano.

4. Ci sono altri performer italiani in questa scuola?

Attualmente no, ma ce ne sono stati! Alice Mistroni, ad esempio, attuale direttrice artistica dell’SDM.

La scelta di questa scuola in particolare la devo a Eugenio Contenti, ex-allievo dell’AMDA a New York e ora docente nella stessa accademia, che mi ha saputo consigliare e guidare in modo onesto e speciale prima e durante il percorso.

5. Parliamo di Oliver: ricorda al pubblico italiano di cosa si tratta.

Oliver! è la storia del piccolo orfano Oliver Twist nella Londra vittoriana basata sui racconti di Dickens. E’ il suo viaggio alla ricerca di una casa, una famiglia e specialmente di amore. Un classico del musical che aprì a Londra nel West End per la prima volta nel 1960, spostandosi a Broadway e che ha visto continuo successo negli anni a seguire.

6. Quali differenze hai riscontrato nei casting italiani e in quelli americani?

Le metodologie in sala di audizione sono quasi le stesse.

Proprio qualche giorno fa sono stato all’audizione di Wicked per la produzione di Broadway ed eravamo in moltissimi, in sala una piccola orchestra di cinque elementi per la prova di danza. I numeri sono forse sono più grandi e in questo caso, ad esempio, la prova di canto è stata ridotta a tempi minimi: “entri, a cappella 8 battute di canzone ed esca, grazie”. Se non si tratta di un’open call, le audizioni generalmente si fanno prima online. Esistono diversi siti web dove vengono pubblicati casting di vario genere, si presenta la propria application (foto, cv, e reel di canto e recitazione) e il casting director seleziona chi ritiene sia più idoneo ad affrontare l’audizione vera e propria. Oppure ci sono agenti e manager che si occupano di musical e hanno accesso più diretto ai casting per i propri clienti. Fortunatamente le casting call escono ogni giorno e quindi ci sono più probabilità di essere visti.

7. Di quali nazionalità si compone il cast?

Sono l’unico performer internazionale, il resto del cast proviene da stati diversi ma sempre all’interno degli Stati Uniti.

8. Il tuo ruolo?

Faccio parte dell’ensemble, poiché il cast dei protagonisti è principalmente costituito da giovani ragazzi di 8-10 anni, tutti di un talento pazzesco. Non mancheranno di certo pezzi corali e di danza. Dagli “ubriaconi” nella vecchia locanda a numeri da artisti di strada il tutto decorato di costumi curatissimi che richiamano quell’epoca.

9. Quante prove sono previste prima del debutto?

L’allestimento vero e proprio inizia tra qualche giorno e andrà fino al l’8 febbraio in cui avremo l’ultima generale con l’orchestra, sarà breve ma molto intenso.


10. Quanto starete in scena?

La produzione andrà avanti tutto il mese fino a fine Febbraio, e poi non si sa mai… le scuole richiedono vivamente questo spettacolo quindi potrebbero aprirsi altre date in futuro.

11. Sogni nel cassetto?

Sogno di trasferirmi a New York a breve e partecipare a produzioni di Broadway. Sogno Wicked, Dear Evan Hansen e magari poter interpretare Bert in un futuro revival di Mary Poppins (oppure scrivere una Mary Poppins al maschile, perchè diciamocelo, chi non sogna di essere lei una volta nella vita?)

La sensazione meravigliosa che provo qui è che tutto ciò che sto elencando è possibile, é tangibile, non è più solamente il “sogno americano” tanto bramato. Vivere questa realtà mi fa credere che un giorno con il duro lavoro come in tutte le cose si possa arrivare alla propria meta.

In fin dei conti il mio sogno lo sto vivendo ora, ogni giorno quando mi sveglio ed esco di casa con la gente che balla e canta per strada a squarciagola, e mi piace aggiungermi a quei cori e ricevere un sorriso in regalo.

E’ bello vedere come le cose accadano se le vuoi davvero.

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