Tutti pazzi per i Queen.
O almeno, non proprio tutti, ma tanti, anche quei ragazzi un po’ più giovani, che recentemente si sono goduti al cinema Bohemian Rhapsody (avrei comunque paura ad assistere alla versione sing along).
E ben venga un film come quello se può contribuire a fare scoprire la bella musica, quella che fa vibrare dentro, quella suonata. Quella vera.
E ben venga anche se la passione dei Queen riesce a smuovere qualche persona in più per andare a teatro.
Perché dopo le Mary Poppins che ritornano e quelle che, ahimé, lasciano Milano, adesso al Teatro Ciak c’è We Will Rock You, nella sua versione no replica, sempre concepita e realizzata da Claudio Trotta.
Non so quanti di voi abbiamo visto la versione di qualche (ormai parecchi) anni fa.
Questa è parzialmente diversa, ma non è detto che sia un male.
Lo spettacolo che ho visto ieri sera sul palco era teatro: abbandonati gli altissimi volumi, le luci strobo, i maxi schermi futuribili, questo WWRY si è calato da dosso l’armatura di concerto, per giungere all’essenza, senza perdere in poesia ed intensità, anzi.
Se è vero che nella versione originale, alcuni avevano criticato la trama, perché ritenuta solo un collante per le canzoni, il lavoro che è stato fatto ora ha valorizzato la parte drammaturgica, rendendo più godibile il plot.
E’ stato fatto un ottimo lavoro sui personaggi, che sono molto meno cartoon e più realistici, aumentando il brivido nella schiena per questo spaventoso futuro distopico che viene descritto con una comicità più soft e maggiore ironia.
Ancora tremiamo tutti al pensiero di Barbara D’Urso al TG o a una come la Ferragni al potere.
Il richiamo alla battaglia Anti-Secondary Ticketing, portata avanti da Claudio Trotta, è un colpo da maestro.
Uno script riveduto e corretto, quindi, con aggiornamenti anche locali (a Milano si cita Gaber e Jannacci) e temporali (tutti in tangenziale a comandare, però, non si può accostare ai Pink Floyd), per una recitazione molto curata e raramente sopra le righe, se non in personaggi che ne facciano richiesta da copione come la splendida Killer Queen. La traduzione dello script è di Raffaella Rolla, mentre l’adattamento e l’aggiornamento del testo originale sono a cura di Michaela Berlini, Valentina Ferrari e Claudio Trotta.
Le scenografie (Colin Mayes) sono ripulite ma restano imponenti d’impatto: nessun effetto speciale, nemmeno per le gabbie laser, ed una struttura in decadimento come l’amianto che si polverizza, ma tenuta in piedi dall’immortale plastica o acciaio, riporta ad un mondo sottosopra, lobotomizzato, standardizzato, dove non ci sono alberi e guardare un tramonto è da “sfigati”.
I costumi sono quasi tutti nuovi, senza troppe parruccones, ma comunque accattivanti.
Il bullismo 4.0 è virtuale, nemmeno si viene più alle mani, tutto viene delegato allo schermo, viene condiviso, lanciato nell’iperspazio, ma non nel rapporto vis a vis.
E se la musica è prefabbricata, senza strumenti musicali, scelta dal potere e venduta a chi ha più soldi, invece la musica in scena c’è, la musica dal vivo, con una band straordinaria che viene svelata solo sul finale.
Ma si sente, si percepisce, fin dall’apertura del sipario.
Il cast è compatto, come un sol uomo, sia per i nuovi ingressi, che per le conferme: tutti perfettamente in ruolo e con vocalità perfette per i brani.
Forse meno godibile l’impasto vocale totale, anche per la formula meno concertistica, ma assoli e duetti assolutamente da brivido.
I brani, famosissimi, sono tutti in inglese, men tre nella versione precedente Radio Gaga era tradotta (qui, solo modificate qualche parola del testo).
Ottima scoperta Alessandra Ferrari: no, la conoscevamo molto bene, anche grazie alla sua Desdemona in Otello l’Ultimo Bacio, ma la sua Scaramouche è totalmente nuova. Diversa dalla deliziosa Marta Rossi, che ora si gode la sua Wendy in Peter Pan, Alessandra è forse più donna e meno ragazza, confusa, caotica, ma perfettamente femminile ed adorabile, recita con una naturalezza ed una simpatia che la fa amare immediatamente dal pubblico. Sulla vocalità, non avevo dubbi, brilla.
Un piacere ritrovare Salvo Vinci Gallo/Galileo Figaro, cresciuto, maturato, ma con un personaggio molto complesso e tormentato: anche per lui, non avevo dubbi sulla voce. Abbandonata l’ansia della prima versione, Salvo si diverte e si vede.
Valentin Ferrari, che ha aiutato anche nell’allestimento dello spettacolo (la regia è di Tim Luscombe rivisitazione e implementazione del testo originale a cura di Michaela Berlini, del Direttore Artistico Valentina Ferrari e del Produttore Claudio Trotta) è Killer Queen: voglio dire, lo è e basta, mai potrei pensare ad una interprete diversa. Come dicevo, lei è sopra le righe, lo deve essere, la blogger diventata numero uno grazie ai follower, è tutto ciò che dobbiamo temere oggi, nell’industria, come nella politica.
Accanto a lei, la metamorfosi di Paolo Barillari, che da Brit è diventano Khashoggi, è impressionante: molto misurato, un soldato vigliacco e tremebondo, un topo che si fa forza con quelli che ritiene ancora più topi di lui.
Brit, invece, è una new entry: Claudio Zanelli con la parrucca si porta dietro la sua dissacrante ironia, il suo carisma sul pubblico, la sua professionalità e per una volta, dopo Jersey Boys e Kinky Boots, non vuole fare un gruppo tutto suo. Anzi, no, non lo dice ma lo fa, perché è a capo di quella corte dei miracoli chiamati bohemians.
Accanto a lui, la piacevole riconferma di Loredana Fadda, un altro punto fermo di We Will Rock You, forse uno dei ruoli che le abbia dato maggiore popolarità: sulla voce, non serve esprimersi, ascoltatela.
Torna anche Massimiliano Colonna, come POP (ma potete leggerlo anche al contrario), meno schizzato e fumato, più un Obi Wan Kenobi, depositario di una antica saggezza, mai del tutto dimenticata.
Perché vedete, l’inconscio collettivo c’è e come unisce i sogni dei personaggi del cast, è qualcosa di scritto nel nostro DNA, e non può essere cancellato da qualsiasi temibilissimo lavaggio del cervello.
Il corpo di ballo si muove su coreografie secche, robotiche, ed è arricchito da ragazzi della SDM. Ovviamente, non ci sono grandi numeri di ballo, ma l’insieme è sempre ben costruito.
Il pubblico ha seguito attento: io avrei forse partecipato di più, ma la versione più teatrale dello show ha permesso comunque di goderselo con più attenzione.
Il finale, invece, come vedrete dal mio curtain call, è incontenibile: perché quando si vede qualcosa di bello, a teatro, dobbiamo farlo sapere e ringraziare con applausi ed ovazioni cast, staff, produzione e teatro ospitante.
Non solo cinema, quindi: scoprite i Queen e la musica dal vivo in teatro. E portateci i figli.
Biglietti disponibili su Ticketone.it e Vivaticket.it ( e non sui secondari ticketing)
Il tour italiano proseguirà per tutto il 2019: Milano (dal 31 gennaio al 3 febbraio; dal 7 al 10 febbraio; dal 14 al 17 febbraio, Teatro Ciak), Genova (dal 21 al 23 febbraio, Politeama Genovese), Roma (dal 27 febbraio al 3 marzo, Teatro Brancaccio), Napoli (il 5 marzo, Teatro Augusteo), Catanzaro (il 9 marzo, Teatro Politeama), Reggio Calabria (l’11 marzo, Teatro Cilea), Catania, (il 13 marzo, Teatro Metropolitan), Bari (il 16 e il 17 marzo, Teatro Team), Firenze (dal 22 al 24 marzo, Teatro Verdi), Padova (29 marzo, Gran Teatro Geox), Torino (il 5 e il 6 aprile, Teatro Colosseo), Gorizia (il 9 aprile, Teatro Verdi) e Parma (11 aprile, Teatro Regio). Il calendario completo e aggiornato è disponibile al sito ufficiale https://www.wewillrockyou-themusical.it/date-3/.
“WE WILL ROCK YOU”
MILANO, TEATRO CIAK, Viale Puglie, 26 (angolo Via Tertulliano), 20137
Dal 31 gennaio al 3 febbraio; dal 7 al 10 febbraio; dal 14 al 17 febbraio
Giovedì ore 20.45
Venerdì ore 20.45
Sabato ore 16.30 e 20.45
Domenica ore 16.30
Biglietti disponibili sul circuito Ticketone: www.ticketone.it e Vivaticket: www.vivaticket.it
Infoline: +39 02 84269261; info@ciakmilano.it
Prezzi biglietti:
I Settore Numerato: € 55,00 + prev.
II Settore Numerato: € 45,00 + prev.
III Settore Numerato: € 35,00 + prev.
IV Settore Numerato: € 28,00 + prev.
V Settore Numerato: € 22,00 + prev.