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EDITORIALE. 27 MARZO, IL DAY AFTER DEL TEATRO.

Vi avviso,
prima che continuiate a leggere il mio editoriale di oggi: questo è un articolo scomodo, irritante, cinico, crudele, feroce e
profondamente provocatorio.

Ma alla luce
(gialla, arancione o rossa, come da immagine sopra) di quello che sta succedendo,
qualche considerazione va fatta. Non me ne vogliate.

Il 27 marzo
è stata annunciata la data di apertura dei teatri, cosa che ha provocato una
reazione schizofrenica di felicità inconsulte, rabbia e raccapriccio alternate
e spesso anche nella stessa persona. 

Per lo più addetti ai lavori, soprattutto
dei teatri privati, che, chiaramente, già stentavano a sbarcare il lunario
prima della pandemia. Il pubblico si è diviso tra gli entusiasti ed i dubbiosi.

Analizziamo
il day after: le peggiori, le più ciniche, le più crudeli delle ambientazioni
post apocalisse, ovvero, “2021; I SOPRAVVISSUTI”.

Non ne resterà solo uno, ma forse ne resteranno pochi. 

Immaginiamo, per cominciare,
le riaperture delle sale teatrali, iniziando dalla parte delle platee.

IL PUBBLICO

Il DPCM parla del 25% degli accessi.

D’accordo. 

Il pubblico che riempirà il 25% delle sale sarà comunque dimezzato,
se non peggio.

Pensiamo agli abbonamenti. Gli
abbonati sono generalmente persone agé (il 60% del pubblico è anziano) e,
purtroppo, molti anziani non ci saranno più, a causa di quell’arma letale che è
il COVID.

Se non vogliamo essere così
melodrammatici, ammettiamo però che molti “over” paura ad andare a teatro o i figli
non glielo permetteranno o nessuno li porterà e non vorranno prendere i mezzi
pubblici. O magari saranno troppo anziani ed acciaccati per spostarsi, anche volendolo
fare.

I giovani saranno troppo abituati a
stare davanti agli schermi per la DAD, ma anche per lo streaming e tutti quei
canali di serie TV, che seguo pure io ma che ci hanno tanto abituati a stare
sul divano nel tempo libero. Ed apprezzeranno meno lo spettacolo dal vivo. O
preferiranno trovarsi con gli altri a fare baldoria nei locali.

Le persone di età media non avranno
i soldi per andare a teatro e avranno paura pure loro, O forse, ora, semplicemente
non sarà la loro priorità.

ARTISTI E PRODUZIONI

Molto artisti e maestranze avranno
nel frattempo cambiato lavoro. Chi sarò diventato bodyguard (no, non il musical),
chi sarà dato all’agricoltura o all’artigianato: nobilissime situazioni, ma
molti performer, soprattutto del teatro
musicale, saranno non allenati o invecchiati. Alcuni soffriranno di ansia nel
tornare sul palco. Quanti di noi soffrono di ansia oggi?

I musicisti? Rispolvereranno spartiti, sapendo che già da prima non molti erano gli spettacoli con orchestra dal vivo?

Le maestranze, quelle dei bauli in piazza, per capirci, avranno diretto la
loro attività ad altri settori, magari nelle location di inoculazione di
vaccini. Bene, ma non benissimo.

I TEATRI

I teatri dovranno spendere soldi non
solo per adeguarsi alle nuove regole di sanificazione e distanziamento (ci sono
comunque dei protocolli eccellenti che possono essere messi in pratica), ma anche
solo per la manutenzione ordinaria dovuta ai teatri chiusi. Pensate alle seconde
case chiuse: quanto lavoro alla riapertura? Sempre se non hanno staccato la luce?

GIORNALISTI E UFFICI STAMPA

Anche alcuni uffici stampa e
giornalisti avranno cambiato mestiere e nessuno più comunicherà il teatro. Le
produzioni potranno anche mettere in piedi bellissimi musical, ma se nessuno lo
fa sapere al pubblico? Se nessun giornalista vi dice se vale o no la pena di
andarlo a vedere?

 

Il 70% dei teatri in Italia sono privati.

 

Riaprire in questo momento senza
sostegni, senza che lo Stato faccia risparmiare sui costi è davvero un azzardo.

 

D’ACCORDO. HO ESTREMIZZATO.

 

D’altronde, sono eccessiva in tutto,
come anche nel voler portare avanti un magazine cartaceo mensile senza alcuna
pubblicità pagata da un anno
, solo per amore di quello che faccio, per non
deludere i lettori e per tenere viva la memoria di quello che fu il teatro.

 

Il fu? Mattia Pascal?

 

Ei fu? Siccome immobile?

 

Un attore della vecchia classe che ho
intervistato per un futuro numero di Riflettori su Magazine ha affermato che il
teatro non morirà mai. Vogliamo cercare di non staccargli la spina, per favore?


Grazie, se avete letto fino a qui e
grazie allo Stato e a chi vorrà fare qualcosa.

 

 

 

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