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Intervista: “Milano OltrePop”, il nuovo album di Flavio Oreglio

Flavio Oreglio e Roberto Vecchioni sono on line (sulle maggiori piattaforme digitali) in streaming con una versione inedita di « Stranamore », la meravigliosa ballata che Vecchioni pubblicò nel 1979 nell’album omonimo.

Il 28 maggio esce dunque « Milano OltrePop », un grande omaggio alla canzone popolare d’autore milanese, fortemente voluto dal canta-attore di Peschiera Borromeo, che riscopre sia brani tradizionali che capisaldi della musica d’autore italiana, interpretati dallo stesso Flavio con la complicità degli Staffora Bluzer e di ospiti prestigiosi.

Quattordici tracce, dalle tradizionali ballate autoctone ( « El magnan », « La povera Rosetta » ) a quelle dei protagonisti del cabaret del secondo dopoguerra (« El purtava i scarp del tennis », « Faceva il palo », « Il Riccardo », « La canzone intelligente ») fino alle canzoni d’autore degli anni Settanta (« Stranamore », « La radio ») dentro le quali incappiamo, oltre a Roberto Vecchioni, in Alberto Fortis, Roberto Brivio, Umberto Faini, David Riondino, Germano Lanzoni, Cochi Ponzoni, Ricky Gianco, Paolo Tomelleri, Enrico Intra, Fabio Treves e Lucio « violino » Fabbri.

L’idea, nata qualche anno fa da Oreglio e dal suo produttore (il cantautore mantovano Luca Bonaffini) in seno alla trilogia « Anima popolare », con questo disco approda al secondo capitolo di un progetto discografico che, se da una parte mira alla valorizzazione del patrimonio artistico, storico e culturale della tradizione popolare italiana e in particolare della musica delle Quattro Province, dall’altra ci restituisce un Flavio Oreglio « musicista e autore di testi » che, giunto al suo nono album dall’esordio con « Melodie e parodie » del 1987, si fa ancora oggi portatore coerente di genere cantautorale. Un album da collezione.

Flavio, come nasce l’idea del disco?

Milano OltrePop fa parte di un progetto più ampio che ha preso il via nell’agosto del 2017 in collaborazione con gli Staffora Bluzer. L’abbiamo chiamato Anima Popolare (che è anche il titolo del nostro primo album uscito nel 2018) e l’idea di base è utilizzare le sonorità della “musica delle 4 province” (musica caratteristica dell’Oltrepò Pavese e delle tre province confinanti, Alessandria, Genova e Piacenza suonata con pifferi autoctoni, fisarmonica e müsa) per caratterizzare il sound delle canzoni che abbiamo in mente di proporre, sia che siano brani nostri originali o pezzi storici che abbiamo deciso di reinterpretare. Nello specifico, Milano OltrePop ruota attorno al legame che esiste tra la tradizione popolare, la canzone d’autore e il cabaret, quest’ultimo inteso nella reale accezione del termine (evidenziata dall’Archivio Storico del Cabaret Italiano e raccontata nel mio libro “L’Arte ribelle” uscito nel 2019 per Sagoma Editore) e non nell’errata concezione che lo vede solo ed esclusivamente come “spettacolo comico”.

Esiste ancora quel tipo di cabaret?

Questa è una domanda che va presa con le pinze, perché non esistono diversi “tipi” di cabaret, il cabaret è un mondo artistico ben definito e variegato di suo. Quello che oggi chiamiamo “cabaret” semplicemente non lo è. Il cabaret non ha nulla a che vedere con i comici, anche se nel cabaret si ride. Detto in altre parole, non esiste un “cabaret dei comici” contrapposto a un “cabaret d’altri tempi” fatto di altre cose, e questo per un motivo molto semplice, perché il “cabaret dei comici” non è cabaret, anche se lo chiamano così.

Quanto è grande il tuo amore per Milano e per la sua musica?

Io sono nato e ho vissuto a Peschiera Borromeo, nell’hinterland metropolitano, ma per tutto l’arco della mia vita ho avuto Milano come punto di riferimento pur non vivendoci: per lo studio liceale e universitario, per acquisti e divertimenti, per convivialità e cultura. Ovviamente ho imparato a conoscerla e a lasciarmi coinvolgere e trasportare dalle sue mille sfaccettature che è impossibile elencare in breve. Limitandomi però alla musica e gli argomenti di questo disco, teniamo presente che Milano è stata la culla del cabaret nazionale e ha ospitato esperienze importanti sia sul fronte della canzone popolare (Nuovo Canzoniere Italiano) sia su quello della musica Prog (Area, Stormy Six, PFM). Milano mi ha dato molto e la mia riconoscenza nei suoi confronti è enorme.

Il tuo progetto discografico prosegue da diversi anni…Come il tuo pubblico aveva accolto l’idea di un Flavio Oreglio « musicista e autore di testi », dopo averti visto tanto in tv nel cabaret?

Il pubblico mi ha conosciuto attraverso la trasmissione Zelig che in realtà ha proposto un mix di spettacoli di piccolo palcoscenico che andavano dal cabaret al varietà, dall’avanspettacolo al burlesque, dal voudeville all’animazione da villaggio. In tv Zelig è stato più un “Comedy Club” che un “Cabaret”, ma indipendentemente dalla definizione, quella di Zelig è stata un’esperienza importantissima, anche se devo dire che la percezione della mia attività non ne è uscita correttamente. Questo è – in generale – il problema della televisione… tu arrivi lì, tutto intero con i tuoi tratti particolari, gli operatori tv s’innamorano dell’unghia del tuo indice destro e la inquadrano, e poi la inquadrano ancora, e poi ne fanno parlare, e poi la ripropongono… ecco… a quel punto tu sei identificato da milioni di persone con la tua unghia dell’indice destro e per tutti tu sei solo ed esclusivamente quello. Poi si scopre che non c’è solo quello e allora arrivano le sorprese. Nel periodo di Zelig ho fatto tre anni di tour dello spettacolo “Il momento è catartico” presentandomi sul palco con un gruppo musicale (all’epoca erano i “Two Guitar Players” immortalati nel DVD “Catartico Live” uscito nel 2005), cantando canzoni e recitando monologhi oltre ovviamente alle fantasmagoriche “poesie catartiche” che proponevo per cinque minuti in uno show di un’ora e mezza. Il pubblico usciva dal teatro incredulo e in un certo senso sbalordito perché non si aspettava tutto quel mondo artistico che proponevo. Tuttavia per me era una cosa normale: io ho sempre fatto musica, ho continuato a fare musica durante l’esposizione mediatica, continuo ancora oggi a fare musica.

Ospite nel disco il grande Roberto Vecchioni: com’è stato lavorare con lui? Ci racconti qualche aneddoto?

Roberto Vecchioni è sempre stato uno dei miei punti di riferimento, un grande maestro da cui apprendere molto. La casualità ha creato una rete di relazioni che nemmeno una mente organizzativa superiore avrebbe potuto rendere così perfette. Senti che intreccio: entrambi condividiamo la passione per l’Inter e Roberto ha dato vita a un Inter Club nell’Oltrepò pavese (incredibile ma vero!) a Stradella. E’ il più grande Inter Club d’Italia e organizza diversi momenti aggregativi coniugando amore per l’Inter e solidarietà. Il direttore-anima del Club, Mario Filipponi, è da sempre un mio estimatore e sono anni che mi coinvolge negli eventi. In quelle occasioni ho avuto modo di conoscere, frequentare e chiacchierare con Vecchioni e sono nate diverse idee che abbiamo perseguito con grande serenità e piacere. Tra queste anche la partecipazione come special guest a questo disco.

Che canzoni troveremo in questo album e come sono state scelte?

La scelta è avvenuta seguendo le indicazioni degli studi dell’Archivio Storico del Cabaret Italiano e attraverso una serie di scremature successive. Volevamo rappresentare i mondi musicali interagenti di cui ho parlato all’inizio e credo che ci siamo riusciti. Il disco si apre con “La canzone intelligente” di Cochi e Renato che abbiamo assunto come manifesto del disco… perché le canzoni contenute hanno l’intelligenza come denominatore comune.

Sarà previsto un tour?

Stiamo lavorando in termini organizzativi per arrivarci. Ma più in generale, il live è la dimensione più bella per proporre quello che stiamo facendo. Il progetto “Anima Popolare”, di cui fa parte “Milano OltrePop” è nato “dal vivo” e soprattutto “dal vivo” deve continuare la sua storia.

Perché il pubblico deve tornare ad assistere agli spettacoli dal vivo, in quest’epoca di pandemia?

Perché l’essere umano è un animale sociale e ama vivere momenti collettivi e condividere esperienze con gli altri. Speriamo sia arrivato il momento della ricostruzione definitiva e che lo stare insieme torni a essere chiamato “aggregazione” e non più “assembramento”.

Nel futuro di Flavio, musica, tv o altro?

Nel 2015 ho operato un taglio netto nella mia storia fermandomi e festeggiando il mio “Trentennale on stage”. La festa è venuta talmente bene che è durata quattro anni. Durante il Trentennale, mentre ho riproposto tutte le mie opere in chiave antologica e ho pubblicato tre libri autobiografici, ho lavorato per gettare le basi della mia ripartenza artistica. Non mi è mai piaciuto stare fermo e amo le sfide di nuovi percorsi.

Il doppio binario emerso dal Trentennale si articola secondo due linee parallele ma interagenti: l’Archivio Storico del Cabaret Italiano e il progetto “Anima Popolare” con gli Staffora Bluzer. Queste sono le prospettive, c’è la musica, c’è il cabaret… per la TV vedremo perché non dipende da me. Io faccio la mia parte, se alla TV sta bene di collaborare, ben venga, in caso contrario, resti pure dove sta. Certo, insieme possiamo far cose egregie, ma le variabili politiche (parola da intendere sia nel senso più nobile, sia nell’accezione più abbietta) sono molte e – come ho detto – non dipendono da me. Staremo a vedere cosa succede…

Un abbraccio katartiko!

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