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Teatro Regio, Stabile e Fenice a confronto: Chialà: «Un mandato più forte alla RAI. Netflix della cultura?In ritardo e lontana dalle aspettative»

Proseguono da Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020+21, gli Stati Generali Mondo Lavoro della Cultura e dello Spettacolo, che hanno riunito intorno a un tavolo virtuale i direttori e presidenti di tre fra i maggiori teatri italiani.

Come trasformare l’inattività dei lock-down in una fucina di idee per prodotti culturali comunque fruibili, cosa fare per mantenere il teatro vicino al proprio pubblico? Lo hanno spiegato ieri Anna Maria Meo, direttore generale del Teatro Regio di Parma, Lamberto Vallarino Gancia, presidente del Teatro Stabile di Torino e Andrea Erri, direttore generale del Teatro La Fenice di Venezia.
 
Nella tavola rotonda guidata da Francesca Chialà, già
consigliere di amministrazione del Teatro dell’Opera di Roma dal 2013 al
2020, la regista ha così raccolto il racconto appassionato di questi
mesi di sipari chiusi: «Le testimonianze dei colleghi mi fanno riflettere sull’opportunità che tutti i teatri e il sistema televisivo hanno perso di creare una partnership forte. Abbiamo sentito tanto discutere della Netflix della cultura italiana,
io ancora mi chiedo perché chiamarla così, perché usare un modello
americano per parlare del nostro patrimonio storico, e comunque è arrivata troppo tardi, solo adesso, quando i teatri e i musei hanno riaperto, lo sanno in pochi e ha un’offerta a pagamento molto lontana dalle aspettative create. Doveva essere dato un mandato chiaro alla RAI che è TV pubblica,
finanziata con i soldi dei contribuenti, per dare visibilità ai tanti
progetti di cui abbiamo sentito parlare oggi. Tutti i contenitori della
Rai, non solo i Tg, avrebbero dovuto, accanto al legittimo racconto
della tragedia, ospitare testimonianze di come la cultura può
essere di supporto e di conforto. Così avrebbero davvero fatto un
servizio pubblico
».
 
Anna Maria Meo, direttore generale del Teatro Regio di Parma, afferma chiaramente che la chiusura dei teatri si è basata su valutazioni non sufficientemente approfondite,
perché in realtà i teatri si erano già organizzati con protocolli
rigidissimi. «Abbiamo offerto gratuitamente online nuove iniziative
rivolte in particolare a famiglie e bambini oltre alle registrazioni
integrali delle opere realizzate al Teatro Regio, rese amichevolmente
disponibili dalle major Dynamic e Unitel.
 
Per garantire la continuità dei livelli occupazionali abbiamo persino creato un nuovo merchandising
riproducendo in scala elementi decorativi degli stucchi del teatro e
realizzando sfere decorative, cuscini, arazzi con scampoli di tessuti
preziosi, velluti, broccati, impiegati nella realizzazione dei costumi
di storici allestimenti, che abbiamo venduto online ognuno con il
proprio cartellino che ne narrava la storia e le peculiarità».
Non si tiene in piedi un teatro con questo, ma aiuta e mantiene il legame con gli spettatori.

Lamberto Vallerino Gancia, presidente del Teatro Stabile di Torino, che vuol dire Teatro Carignano, Teatro Gobetti e Fonderie Limone Moncalieri, ricorda come prima della pandemia non bastassero le sale a fronte di una continua crescita di spettatori e di incassi.
«Abbiamo imparato a fare quello che si può. A ridurre i cartelloni da
12 a 6 mesi. Ma nei 6 mesi dopo il primo lock-down abbiamo fatto 368 rappresentazioni e 225 serate. Abbiamo fatto il possibile, i nostri spettatori hanno rinunciato in 8.000 al rimborso dei biglietti».
Questa è partnership tra teatri e pubblico, nel senso di appassionati.

Andrea Erri, direttore generale del Teatro La Fenice di Venezia,
ricorda invece un inizio della crisi precedente alla pandemia, con
l’acqua alta a Venezia del 12 novembre che, con il 90% delle abitazioni,
ha allagato anche i locali tecnici del teatro. Ma il 25 novembre sono
andati in scena con la prima del San Carlo. Poi a Carnevale la chiusura
totale. Dalle sue parole però risulta che qualcosa di buono l’esperienza Covid-19 l’ha lasciata. Andrea Erri la riassume efficacemente in 5 punti.
«Un aumento della conoscenza tra istituzioni e comunità, con 100 mila
iscritti sul canale YouTube del Teatro; un impulso della presenza online
a dispetto della natura dal vivo del teatro; iniziative educazionali
con programmi di alternanza scuola lavoro digitali; maggiore
consapevolezza della domanda di teatro lirico sinfonico: l’unico limite
all’affluenza sono state le normative, gli spettatori sarebbero arrivati
anche più numerosi; uno sviluppo dell’attenzione rivolta ai millennials
che hanno risposto entusiasticamente  all’offerta di un click day per
assistere alle prove di una rappresentazione rivolto solo a spettatori
tra i 18 e i 29 anni».
 

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