Corpo di ballo. Questo è il termine con cui il grande pubblico conosce e riconosce i danzatori che ballano in uno spettacolo, una locuzione talmente nota che qualche mese fa è salita alla ribalta in tv, grazie anche ad un docufilm di RaiPlay, che racconta i ballerini del teatro alla Scala.
Ensemble. Il termine tecnico che viene usato soprattutto nel mondo del musical, che comprende quei performer che stanno un po’ sullo sfondo, che spesso dicono una battuta o due, ma principalmente fanno da “coro”: sono i passanti oppure gli operai di una fabbrica o i partecipanti a una festa da ballo. Quella linea di coro che forse solo il musical “Chorus Line” ha raccontato nei dettagli, spiegando le storie e le vite dei ballerini che cercano lavoro.
Questo è un po’ quello che il pubblico generico vede quando va a teatro a vedere uno spettacolo di danza o una commedia musicale: ci sono i protagonisti, i comprimari, che spesso sono degli ottimi caratteristi o, come si dice a nel cabaret, spalle, e c’è il corpo dì ballo.
Che oggi in tv spesso è sostituito da letterine o veline, ma che ai tempi d’oro di Falqui o Miseria aveva un ruolo ben definito.
Ma sempre dì gruppo.
Ed invece no. Perché il corpo, come in quello umano, è un insieme formato da organi e da atomi, che se non funzionano a dovere, o peggio, mancano, inficiamo pesantemente il funzionamento dell’intero organismo.
La voce introduttiva presentava all’inizio dell’Opera Popolare Notre Dame de Paris: ballerini ed acrobati provenienti da tutto il mondo.
Aggiungi un posto a tavola era formato da “formiche che insieme ad altre formiche” potevano spostare una montagna.
Perché, vedete, senza il corpo di ballo, l’ensemble, o il Chorus line, uno spettacolo perderebbe il 50% della sua bellezza e forse anche di più.
E se i miei social, così pieni di amici artisti, oggi e ieri sono costellati di messaggi di cordoglio, è perché anche i corpi di ballo sono fatti da persone.
Da straordinari artisti che spesso vanno all’estero per lavorare, non solo in periodo di Covid, ma sempre.
E ci sono anche tre danzatori italiani che vanno negli Emirati Arabi per fare il loro mestiere e perdono la vita per un incidente stradale.
Ci sono colleghi distrutti e famiglie disperate.
Perché a perdere la vita sono Antonio Caggianelli di Bisceglie (Bat), Giampiero Giarri di Tivoli (Roma) e Nicolas Esposto, agrigentino.
Sono tre vite spezzate, tre artisti che hanno cercato il sogno all’estero o semplicemente volevano poter lavorare, ed oggi non ci sono più.
Li piangiamo e li ricordiamo, soprattutto noi del settore.
Ma al pubblico dico: la prossima volta che andate a vedere uno spettacolo di danza o musicale, osservate anche i ballerini, la loro arte, la loro fatica, le loro controscene.
Guardateli negli occhi i danzatori, scoprite la tenacia, la professionalità, la gioia, i sorrisi agli applausi finali.
Fatelo anche per Antonio, Giampiero e Nicolas, che hanno seguito la loro strada e l’hanno persa su una strada vera, in macchina, nel deserto. Che, ahimè, non era quello di Priscilla, ma era reale.
Fatelo per loro e per tutto il mondo dello spettacolo.
Ciao, ragazzi. E grazie.
Li ho conosciuti ne Aggiungi un posto a tavola. Mi spiace tanto.
Ugo
è un peccato perdere la vita così – che la terra sia per loro lieve- condoglianze alle famiglie