Due attori molto differenti tra loro, Gabrio Gentilini ed Ettore Nicoletti, saranno tra i protagonisti della data del 29 giugno di “The Boys in The Band” al Teatro Elfo Puccini di Milano (Sala Shakespeare https://www.elfo.org/spettacoli/2021-2022/the-boys-in-the-band.htm ).
Si tratta di una data speciale per Milano Pride 2022, inserita nelle celebrazioni della Pride Week.
Sia Gabrio che Ettore sono coprotagonisti nella pièce dalla prima messa in scena italiana del 2019.
Ho voluto fare una chiacchierata con loro e nella prossima pagina troverete la nostra intervista.
Ettore e Gabrio, come siete entrati nel cast?
Gabrio: Conosco Giorgio Bozzo da quando ho collaborato con lui ad alcuni spettacoli delle Sorelle Marinetti e già diversi anni fa mi parlava di questo progetto che sognava da tempo di portare in scena.
Quando finalmente per lui si è creata l’occasione di produrre lo spettacolo, mi ha subito coinvolto proponendomi il ruolo di Donald. Come diceva Ettore abbiamo fatto qualche lettura e anche in quella fase l’ho convinto. Devo dire che è stato molto facile lasciarsi coinvolgere da tutto il progetto e dal suo entusiasmo.
Gabrio ricopre il ruolo di Donald, un ragazzo di 28 anni, americano e gay, che con la sua presenza a una festa di compleanno tra amici omosessuali in un appartamento di New York a fine anni ’60, creerà varie dinamiche all’interno del gruppo, in un crescendo di colpi di scena, tensione, umorismo feroce e riflessioni profonde. Ettore ricopre il ruolo di Hank, un insegnante di matematica che sta divorziando dalla moglie con la quale ha due figli. Convive con il suo amante a New York, vive per lui una profonda gelosia e si scontra continuamente con lui sulla visione di coppia. Mi raccontate, a due voci, chi sono i vostri personaggi?
Gabrio: Donald è un ragazzo con un temperamento malinconico, con un profondo senso di inadeguatezza e fallimento che lo spingono a cercare il perché della sua condizione per provare a cambiarla in meglio. Sta affrontando un percorso di analisi con un terapeuta, quindi si sta mettendo molto in discussione. È dovuto tornare a vivere con i suoi genitori, perché non riesce a mantenersi da solo a Manhattan. Ama leggere e divora libri in quantità industriale. Non ama mettersi in mostra in mezzo agli altri e durante la festa si tira indietro in diverse occasioni goliardiche in cui ci si diverte o semplicemente ci si espone troppo. Preferisce osservare ed è molto sensibile. Si trova alla festa di Harold, non perché è stato invitato, ma perché è abituato a passare il fine settimana da Michael, il padrone di casa, con il quale ha un rapporto molto intimo. La presenza di Donald alla festa creerà squilibri tra gli altri partecipanti a causa di alcune sue relazioni sessuali e sentimentali avute in precedenza con qualcuno di loro.
Ettore: Devo essere sincero, quando ho incontrato il regista ancora non sapevo quale personaggio mi avrebbe proposto ma dentro di me pensavo “tutti ma non Hank”. Non ero riuscito ad entrarci, è un personaggio che sta molto in disparte, silenzioso, il meno divertente di tutti, serio, parla davvero poco. Non lo sentivo mio. E la vita, il teatro, ti mettono di fronte proprio a queste sfide, grazie a Dio, ti ricordano di cercare ed esplorare parti di te che non riconosci o tieni nascoste. Mi sono ricordato di questa lezione e con curiosità ho cominciato ad entrare nell’universo di Hank. E come sempre, con grande sorpresa, ho scoperto che mi somiglia più di quanto pensassi. Mi ha fatto crescere. Hank è quello che alla festa di compleanno di Harold regala un maglioncino grigio spento. E’ un insegnante delle scuole pubbliche, formale, elegante, un po’ rude ma con le idee chiare, coraggioso. Se vogliamo è il più risolto della compagnia di amici, ha una visione moderna del rapporto di coppia omosessuale, considerando i tempi del testo, la fine degli Anni ’60. Ha ben chiara la sua identità e si accetta. E’ comunque un padre amorevole e sensibile. Vive un fortissimo conflitto con il suo amante Larry, in un continuo stuzzicarsi sulla gelosia; la sua visione di relazione è basata sulla fedeltà e non riesce a sopportare la visione di coppia aperta di Larry. Hank è fedele e sincero. E’ consapevole di chi è e di chi vuole essere. Vive un amore profondo per Larry che lo porta ad incassare colpi continui e a scendere a compromessi strugg
Chi sono gli altri attori in scena con voi? Vedo anche Angelo di Figlia, volto noto del musical in Italia…
Ettore: E’ un Ensemble incredibile! Io sento, ogni volta che ci incontriamo alle prove e saliamo sul palco, una famiglia che si riunisce. Ognuno di noi ama questo spettacolo e cerca di scendere sempre più in profondità nelle relazioni tra i personaggi. Sono veramente felice di fare parte della “Band”: Angelo DI Figlia che interpreta Emory, poi c’è Paolo Garghentino nel ruolo di Harold il festeggiato, Alberto Malanchino è Bernard, Samuele Cavallo è Alan, Jacopo Adolini nel ruolo di Cowboy, Francesco Aricò interpreta Michael e Federico Antonello è il mio amato Larry.
Gabrio: Una delle cose di cui vado più orgoglioso di questo spettacolo è proprio l’affiatamento che siamo istintivamente e volontariamente riusciti a creare fra di noi, fuori e soprattutto in scena. E ogni volta che qualcuno del pubblico nota questa cosa in noi mi rende molto felice. Ci divertiamo sempre tanto durante le repliche ed è bello farlo arrivare agli altri.
Teniamo presente che fu un testo di grande rottura perché fu scritto alla fine degli anni sessanta… Cosa è cambiato in teatro da allora? La tematica gay, che già era stata affrontata nei musical, come in Rent, come viene portata avanti ora?
Ettore: Sì, esatto, nel 1968, e fu talmente forte il successo che rimase in scena per più di mille repliche, diventando il manifesto dei moti di Stonewall. Qui mi trovi un po’ impreparato, forse Gabrio ne saprà un po’ di più. Passo la palla!
Gabrio: Beh, diciamo che gli attori che decisero di portarlo in scena e sullo schermo in quegli anni ebbero non poche difficoltà in quei tempi: molti dei loro agenti o degli addetti al settore con cui collaboravano non appoggiarono quel lavoro per paura che li potesse compromettere troppo a livello professionale, rischiando di precludergli nuove offerte di lavoro. Inoltre i primi interpreti raccontavano un’epoca che stavano vivendo “in diretta”. Il teatro e la società sono molto cambiati da allora e oggi raccontare questa tematica è diventato all’ordine del giorno ovunque. Anche la nostra visione attuale è cambiata. Una volta era tabù anche solo parlarne (basti pensare che alla prima proiezione del film in Italia nel ’70, furono invitate solo donne…). Ora, nonostante ci siano ancora grossi problemi di discriminazione da risolvere, almeno non siamo più a quei livelli.
Viene considerata una pietra miliare nella storia del teatro, perché è stata la prima commedia a tematica gay scritta per il grosso pubblico e se ne fece un film con gli stessi attori teatrali nel 1970. Lo stesso testo è stato ripreso oggi, in una pellicola del 2020, che ora è visibile su Netflix. Avete visto uno di questi film? Quali sono le differenze con la pièce teatrale che portate in scena?
Ettore: Ho visto la trasposizione del 1970 e l’ho trovato davvero fedele al testo teatrale anche se un testo è fatto di parole scritte e sono poi la messa in scena e la regia a farlo diventare uno spettacolo teatrale. Comunque Friedkin ha reso benissimo le atmosfere e scelto soluzioni cinematografiche efficaci. La pellicola del 2020 è sicuramente più moderna, con un cast comunque eccezionale, l’ho trovato interessante. Tu Gabrio?
Gabrio: Amo molto la versione cinematografica del ’70 perché gode del fatto che quegli interpreti meravigliosi vivevano davvero in quegli anni lì e secondo me la loro rappresentazione, seppur datata, ne giova tanto di più, rispetto all’ultima versione di Netflix. Noi abbiamo la fortuna di portarlo in scena e, nonostante i nostri mezzi siano ovviamente inferiori rispetto a quelli dell’entertainment americano, la nostra versione acquista molta potenza proprio perché rappresentata dal vivo: essendo un testo nato e pensato prima di tutto per il teatro risulta più facile per lo spettatore riuscire a sentirsi più coinvolto nella festa a cui sta assistendo. Anche la nostra capacità di attenzione di spettatori in questa società è cambiata: siamo abituati a grandi colpi di scena, a ritmi bulimici, “seriali”. Questo testo è come un buon vino. Va gustato pian piano. Soprattutto nella suggestione e nell’atmosfera che sa ricreare attarverso le forti dinamiche relazionali tra i suoi protagonisi. E, a mio avviso, il teatro agevola di più questa “degustazione” rispetto al cinema. Spesso i feedback che ci arrivano dagli spettatori sono proprio quelli di ritrovarsi in scena con noi, in quel salotto a giocare allo stesso gioco..
Perché, ancora oggi, c’è bisogno di spettacoli come questo?
Ettore: Uno spettacolo che affronta i temi della libera espressione della propria identità, della propria emotività sarà sempre utile. Pensiamo di avere compiuto passi da gigante contro la discriminazione ma forse non sono stati del tutto sufficienti ed il rischio di tornare indietro è sempre dietro l’angolo. E poi è uno spettacolo che parla dell’essere umano, delle sue nevrosi, dell’accettazione di sè. Ha un valore sociale e didattico molto forte.
Gabrio: Sottoscrivo tutto. E poi comunque, al di là di tutte le tematiche, rimane proprio un testo avvincente, che intrattiene, incuriosisce e appassiona tanto!
Ci riassumete la trama?
Ettore: Dai, ce la dividiamo Gabrio, comincio io: Un gruppo di amici tutti omosessuali si ritrova a casa di uno di loro, Michael, in un appartamento di New York a fine anni Sessanta per festeggiare il compleanno di uno di loro, Harold. E in quel luogo chiuso e lontano dalle convenzioni sociali dell’epoca, dai giudizi e pregiudizi, nasce una divertentissima commedia sulle nevrosi dei personaggi, sulle relazioni e gli equivoci, nell’attesa che Harold, sempre in ritardo, faccia il suo ingresso. Ma succede che…… (a te Gabrio!)
Gabrio: la commedia presto si trasforma in vero e proprio dramma. Perché un ospite inaspettato cambierà l’atmosfera della festa e il proprietario di casa, Michael, coinvolgerà i suoi ospiti in un gioco che vedrà costretti tutti i partecipanti a svelare i propri sentimenti e tormenti più profondi.
Come ha risposto il pubblico dal 2019 ad oggi?
Ettore: Molto molto bene. La tournée è cominciata subito con una grande risposta, poi c’è stato il lockdown che però non ci ha scoraggiato, la scintilla, la fiamma del nostro entusiasmo è rimasta accesa e ora che abbiamo ripreso con Roma e San Marino abbiamo riscontrato un enorme successo. Teatri pieni e pioggia di applausi. Ce li meritiamo!
Gabrio: .. e in tanti sono voluti tornare a rivedere lo spettacolo!
Perché dobbiamo venire a vedervi il 29?
Ettore: Perché è uno spettacolo divertentissimo, esteticamente intrigante e che fa riflettere.
Gabrio: E perché i personaggi sono uno più bello dell’altro ed è quasi impossibile non riconoscersi nei sentimenti di almeno uno di loro! E poi è molto raro trovare 9 giovani uomini attori a servizio di una storia così accattivante e.. diciamocelo, siamo pure un bel vedere!
Avete voglia di ricreare un piccolo dialogo tra voi, qui, come se foste i personaggi in scena?
Ettore: Beh, Donald e Hank nello spettacolo si rivolgono la parola solo due volte. Per dirsi “piacere” e “grazie”. E poi la loro relazione si sviluppa su una tensione crescente fatta di sguardi, di silenzi, di allusioni attraverso altri personaggi in un gioco tra passato e presente che culmina con un forte momento emotivo. Condividono, seppure non sembrerebbe, fragilità simili, si rispettano, hanno entrambi una grande sensibilità. Sono entrambi vittime e nello stesso tempo eroi. Quindi piuttosto che dialogare credo che potremmo solo guardarci negli occhi. Ecco. Così. Vedi?
Gabrio: Ecco, sì. Ti vedo. Vedo te.
Personalmente, non ho altro da aggiungere… vedo che siete meravigliosi!