Riflettori su
EDITORIALE

PRISCILLA, LA REGINA DEL DESERTO: video del curtain call e la recensione di Silvia Arosio

 

10 anni di Priscilla. Già 10 anni. O solo 10 anni.

In un periodo in cui molte produzioni o teatri festeggiano
gli anniversari, da Notre Dame de Paris, al Teatro Repower di Assago – ex Teatro
della Luna – , il ritorno in pista del bus rosa è stato particolarmente atteso.

E, prevedibilmente, gradito dal pubblico, che sta tornando
ad affollare le sale in cui “fa fermata”, nel suo viaggio on the road.

Vedere in scena il trio originale, Simone Leonardi, Antonello
Angiolillo e Mirko Ranù, è molto di più di un’operazione nostalgia: è quello
che ci voleva oggi, dopo due anni di chiusura e una maggiore diffusione dei
temi trattati, portati come bagaglio sul pullman, e serviti in maniera leggera
e frizzante, tra scarpe con il tacco (una volta li chiamavamo “zatteroni”) e
glitter a profusione.

E per chi sta pensando che sarebbe cosa buona e giusta
puntare su titoli nuovi, ricordo che Priscilla è messo in scena dalla stessa Produzione
di Legally Blonde, All Entertainmet. E ho detto tutto.

La presentazione dell’anniversario è un as…as della prima
edizione: 500 costumi, 60 parrucche, 150
paia di scarpe e 200 cappelli, tonnellate di pailettes e piume a profusione,
sintetiche, altrimenti si sarebbero spennati polli di tutta Italia.

Un viaggio on the road, nel deserto della solitudine, ma
anche della sorellanza, per scoprire se stessi e la propria verità, uno di quei
viaggi “interiore” che si può fare con ogni mezzo, a piedi, come sul cammino di
Santiago, o in barca, per trovare una felicità che spesso naufraga
tragicamente.

Ma in teatro ci si salva, perché il teatro, anche nelle
tragedie, anche se non c’è il lieto fine, salva sempre.

Cosa vediamo in questa nuova mise en scène? Troviamo tutto e
persino di più.

Il bus rosa c’è nella sua interezza; le tre meravigliose nuove
Divas, Clarissa Ballerini, Arianna Talè e Elisa Marangon, discendono dalle
inesistenti nuvole del deserto australiano, come il classico deus ex machina, o
forse, meglio, chorus greco; il nutritissimo ed eterogeneo ensemble,
camaleontico ed arcobaleno, diventa diversi personaggi a seconda del quadro.

PRIMA PAGINA DELL’INTERVISTA DI RIFLETTORI SU MAGAZINE MARZO 2023

Gli autori (Stephan Elliott e Allan Scott, Regia originale di
Simon Phillips) sono imprescindibili e Matteo Gastaldo, regista italiano, dirige
in punta di “tacco”, con solo un paio di attualizzazioni (certo che il volto di
Madonna oggi, più volte citato, è molto diverso di quello di 10 anni fa),
riportando sulla scena quelle battute storiche che i cultori dello spettacolo
si aspettano: e si ride ancora, non come per una barzelletta già sentita, ma
con la consapevolezza che 10 anni sono passati e siamo, grazie a Dio, ancora
lì, a godere di un testo scritto magnificamente e di canzoni immortali (Direzione
musicale di Fabio Serri).

“Consapevolezza” credo sia il termine più calzante: la consapevolezza
degli attori che, consci di avere 10 anni in più di vita ed esperienze sulle
spalle, sfoggiano una recitazione che recitazione pare non essere, con una verità
e una immedesimazione (“put yourself in someone else’s shoes”) che rendono lo
spettacolo ancora più empatico e coinvolgente.

Perché, vedete, si ride e si sorride, ma la velata
malinconia, le paure, le umane diffidenze dei protagonisti, permeano tutto lo
spettacolo, rendendolo ancora più vicino non solo al pubblico, ma a tutta
quella platea, oggi ampliata, grazie a prese di coscienza e aperture mentali (e
forse non sempre sociali e politiche), non così evidenti 10 anni fa.

Così, troviamo l’arroganza di Felicia, la maschera che Ranù
mette al suo personaggio, nata dalla giovane età e dalla sfrontatezza che viene
dalla paura. Ed il timore di non essere accettato dal figlio Benji di Tick/Mitzi
– Angiolillo, viaggia tra la sensibilità e la durezza di padre, quando riprende,
sempre per “paura” le scorribande del compagno più giovane. Mentre l’eleganza innata
di Bernie diventa accoglienza e perdono, tutte quelle caratteristiche “femminili”
che sono il lato più empatico dell’essere umano, uomo o donna che sia: quello
più materno, quello della “cura”.

Paura che, anche se non nella grammatica italiana, fa rima
con amore.

E se l’applauso scatta quando Tick/Mitzi afferma di non
essere ancora pronto alla scritta omofoba sulle lamiere ancora grigie del bus,
ha ragione Antonello Angiolillo, quando, nella nostra intervista, pubblicata su
Riflettori su Magazine di marzo, afferma che il successo dello show arriva “Non solo per merito degli autori, ma soprattutto per demerito degli
esseri umani che continuano a reiterare gli stessi errori e sembrano non
imparare mai”.


Ed allora pennelliamo con i nostri true
colors questa vita, che sia rosa, o verde, o gialla e permettiamoci di
accettarci ed accettare l’altro così come siamo e così com’è.

Perché se quell’arcobaleno nei cartelli
di “Andrà tutto bene“ ci riporta a brutti ricordi, teniamo ben presente che l’arcobaleno
siamo noi, con i nostri lati bui e quelli luminosi, quelli che colorano la
tavolozza dell’umano essere.

Quel “glitter” o quella luccicanza (no,
non nel senso di Stephen King) che ci scorre nelle vene e che una serata a
Teatro può riportare in circolo, con maggiore forza ed entusiasmo.

Ps. Per favore, fate caso ai dettagli dello spettacolo, come la targa del bus, che…no, non ve lo dico. 

AL TAM TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI DI MILANO FINO AL 26 MARZO

Orari spettacolo a Milano Arcimboldi:
da martedì a venerdì ore 21.00
Sabato doppio spettacolo ore 16.00 e ore 21.00 (sabato 25 marzo solo ore 21)
Domenica 5 marzo ore 14.30, tutte le altre domeniche sempre ore 18.00
Prezzi spettacolo a Milano Arcimboldi: da € 34,50 a € 74,70www.ticketone.it

SOTTO IL CURTAIN CALL DI SABARO 11 MARZO

AMARCORD

INTEVISTA DEL 2012 A SIMONE LEONARDI

INTERVISTA DEL 2012 A ANTONELLO ANGIOLILLO

INTERVISTA DEL 2021 A MIRKO RANU’

VIDEO DELLO SPETTACOLO PRIMA EDIZIONE: SUL MIO CANALE YOUYTUBE NE TROVERETE ALTRI

INTERVISTA DI 4 ANNI FA A MANUEL FRATTINI

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