Anastasia il Musical... In principio, fu quel piccolo gioiello di animazione del 1997, della Fox Animation Studios, che di Disney aveva la stoffa, ma che inizialmente non lo era.

Anzi – e qui pochi lo ricorderanno – nel 1956 ci fu proprio un film, meraviglioso, con Ingrid Bergman e Yul Brynner.

Fu solo nel 2017, che la storia dedicata alla dinastia Romanov, estinta durante la Rivoluzione russa, vide la luce sui palchi di Broadway nel 2017, un musical che ricalca in gran parte la pellicola di animazione.

Uno spettacolo che, almeno sulla carta, potrebbe avere meno appel del Fantasma dell’Opera, opera precedente targata Broadway Italia (di Luca Montebugnoli), per la regia di Federico Bellone (ormai tra i più prolifici ed amati registi di musical, che porta la nostra qualità anche all’estero), coadiuvato anche questa volta da Chiara Vecchi, ma, al contrario di quello che ci si sarebbe aspettato, sin dalla apertura delle vendite, i biglietti sono andati a ruba.

Forse, perché ci riporta, con nostalgia, ad un periodo in cui i film di animazione stavano tornando in auge, o forse solo per la storia – leggenda? Verità?- con quella dicotomia pirandelliana del “Così è se vi pare”, che permea le migliori storie da raccontare su un palco.

E quando ad una storia forte, a metà tra il sogno e la cruda realtà, si aggiungono canzoni indimenticabili (Libretto di Terrence McNally; Musiche di Stephen Flaherty; Testi di Lynn Ahrens; Testi italiani di Franco Travaglio), oltre che una messa in scena sontuosa ed un cast che regala il meglio di sé, il successo è garantito.

No, come sempre, non vi racconterò la trama, che potrete tranquillamente trovare altrove, ma sappiate che la vicenda dei Romanov meriterebbe comunque un approfondimento.

Comunque.

Iniziamo con un POV (d’altronde le recensioni sono chiaramente deI POV).

Per la prima volta, ho potuto godere della estrema maestosità del palco degli Arcimboldi, non solo nella sua larghezza, ma anche nella sua profondità: chi come me ha avuto la fortuna di vedere gli spazi che stanno dietro e al fianco del palco, sa quanto l’underworld di un teatro può essere altrettanto interessante della parte visibile.

E questo CI porta al primo punto…

EFFETTO WOW!

Un treno visto in prospettiva frontale, chiaro omaggio ai fratelli Lumière, quando parte e si dirige verso il pubblico, e nella sua lunghezza, con finestrini che inquadrano le scene, sono solo la parte meno impattante di quello che appare ai nostri occhi, meravigliati da quello che la scena propone.

Questa volta, le meravigliose scenografie dello stesso Bellone e di Clara Abruzzese si incuneano in lunghezza, quasi come nella pittura metafisica di De Chirico, e si arricchiscono di elementi scenici fisici e onirici, di grandissimo piacere per gli occhi. Paolo Carta, ancora una volta ha creato la magia, e no, non vi svelo i punti salienti, ma vi dico solo che i lampadari che precipitano sono un chiaro omaggio a quello dell’Opera.

La profondità scenica nasconde poi, sulla destra del palco, una band per la musica dal vivo (diretta da Giovanni Maria Lori, che come sempre presiede anche qui alle musiche), che accompagna lo spettacolo con note subito riconoscibili, arricchite da brani del musical originale, che non conosciamo, ma che amiamo immediatamente, grazie anche al sapiente tocco di Travaglio.

Il tutto spennellato da cascate di luci perfette da Valerio Tiberi, che spennella con la sua solita classe ogni passaggio ed ogni scena, dal più piccolo al macroscopico, dai raggi di luce che penetrano dalle finestre, in cui sembra persino di intravedere il pulviscolo atmosferico, fino alla monumentale Tour Eiffel, perché, si sa, Parigi è sempre una buona idea.

In questa “splendida cornice”, i costumi e le acconciature di Carla Ricotti sono esattamente quelli che ricordiamo, che ci aspettavamo o che semplicemente avremmo voluto sognare.

CHI È DI SCENA

Ma non è solo fumo negli occhi, questa sontuosa messinscena, non è solo “Vorrei e posso”…. La confezione non può offuscare un cast perfettamente diretto, anche nella parte recitata: raro trovare nel musical una tale attenzione alla prosa ed in questo caso Bellone si è superato, abbandonando quel parlato sopra le righe che spesso troviamo in questo genere di spettacoli. Eppure, il “Triple Threat” (Canto, Recitazione e Danza) dovrebbe sempre essere la conditio sine qua non di ogni “Attore” di musical.

Non si sa da chi cominciare per descrivere ogni singolo artista.

Forse da STEFANIA FRATEPIETRO, storica attrice con un curriculum di grande rispetto, una CONTESSA LILY, frizzante, spumeggiante come una bottiglia di Pommery, regina della sua cricca di russi doc, che ha trovato una nuova dimensione nella joie de vivre parigina.

Ma non tralascerei una regale, algida, ma estremamente fragile e materna CARLA SCHNECK, come IMPERATRICE MARIA, una donna disillusa, anziana, che emoziona il pubblico all’epifania della nipote.

Sarà lei a scrivere la parola fine alla storia, insieme alla parte noir della storia (no, non c’è Rasputin in scena), un BRIAN BOCCUNI, in stato di grazia, interprete del marziale GLEB, che, oltre alla voce che già gli riconosciamo, ci propone un personaggio a metà tra l’ossessivo compulsivo e l’uomo innamorato: la redenzione finale, dinnanzi ad una Anastasia, diventata donna forte e coraggiosa, lo porterà a supportare l’happy end, insieme alla Imperatrice ed a suggellare una storia dove ogni personaggio a un’evoluzione.

E così, scopriamo che persino quello che dovrebbe essere la spalla, il Sancho Panza della situazione, NICO DI CRESCENZO, il Conte VLADIMIR, non è solo una macchietta che fa da Pigmalione alla giovane Anja, ma ha una storia, un cuore ed un passato che si svela con lo svolgersi della storia: alcuni momenti introspettivi e lirici (“Non avrei mai dovuto farlo danzare”) delineano un personaggio che Di Crescenzo rende con talento e professionalità.

CRISTIAN CATTO è un DIMITRI perfetto: smessi i panni di Clifford in Cabaret, sembra nato per essere un giovanotto di – poche – speranze, che vive di sotterfugi, a metà tra Aladin e il Gatto e la volpe, con il suo socio Vlad, ma che trova dentro sé una sensibilità ed un’anima, che lo rendono un principe agli occhi di Anastasia: perché se il popolo parla russo e non francese, il riscatto finale è la giusta ciliegina su una torta di ottimi ingredienti. Voce chiara e pulita, per una fisicità che le fa eco.

E per quanto riguarda la protagonista, anche se lei stessa ha dichiarato di non volere diventare una star, con tutti i “fly down” del caso, oso dire che è nata una stella: se le nuove proposte di Sanremo sono abbastanza esecrabili, questo nuovo talento che si affaccia al mondo del musical italiano, è abbagliante. SOFIA CASELLI, Anastasia, ha classe, personalità, presenza scenica ed una grande voce. Per chi è del settore, la ricordiamo come Pia de’ Tolomei, ne La Divina Commedia di mons.Frisina, ma qui il suo talento è messo davvero sotto i riflettori. Applausi a scena aperta per lei, sia per l’intensità delle scene oniriche, sia per la leggiadria dei momenti più leggeri. Brava!

Un corpo di ballo ben diretto ben amalgamato, soprattutto nelle scene di insieme, come l’apertura di San Pietroburgo, svela piccoli camei a chi li sa riconoscere, come una Josephine Baker parigina, che era presente anche nella pellicola di animazione.

DAL FILM AL MUSICAL IN TEATRO

Se le principali canzoni ci sono e sono esattamente tradotte e riportate come quelle del film, non aspettatevi di trovarle allo stesso posto in scaletta rispetto alla pellicola. Nonostante questo, il musical ricorda molto da vicino le videocassette che abbiamo usurato a furia di vederle, ma con quel qualcosa in più che solo lo spettacolo da vivo può dare.

L’effetto WOW, la meravigla, che nel Teatro ha quel quid in più.

Qualora siate così fortunati da trovare ancora qualche biglietto, abbandonate i focolari netflixiani e i cenoni delle feste per andare a vedere questo spettacolo.

Un evento che, ancora una volta, non solo fa onore al TAM, che già sta proponendo titoli di incredibile bellezza (vedi Les Miz), ma che, nato come spettacolo internazionale, ha una verve tutta italiana ed italiano è nelle maestranze, nello staff e nel cast.

Ma che avrebbe tutte le carte in regola per rimpallare, in questa confezione, al di fuori dei confini italiani, come è nelle corde di Federico Bellone.

Perché, alleluja, anche gli italiano ci sanno fare. E lo stiamo scoprendo poco a poco.

E perchè Anastasia il musical ha la chiave del cuor.

Grazie a Broadway Italia per aver osato.

Qui il comunicato completo:

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