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Master Performing Arts Medicine: intervista esclusiva al Maestro BEPPE VESSICCHIO

Master Performing Arts Medicine. Prendersi cura delle Arti Performatiche e degli Artisti

Tanti sono gli artisti (non amo particolarmente la parola perfomer) che, negli anni, durante le interviste, hanno sottolineato la mancanza di un professionista univoco a cui approcciarsi per le proprie problematiche di salute, legate alla professione nello spettacolo.

Una figura, cioè, che offra nuovi modi per ripensare la fisiologia, la prevenzione, la patologia e la riabilitazione per gli artisti dello spettacolo nell’ottica di curare prontamente problemi potenzialmente dannosi per la loro salute.

Tenendo in considerazione non solo l’età ma anche i vari generi e tipi di arte.
Da qualche tempo, tutto questo è diventato realtà.

Nasce infatti da queste premesse il master di I livello “ Performing Arts Medicine. Prendersi cura delle Arti performatiche e degli Artisti ”, promosso dall’Unicusano in partnership con l’U.P.A.I.Nu.C. e con il contributo scientifico di CEIMArs (Centro italiano interdisciplinare di Medicina dell’Arte).

QUI IL SITO

https://www.unicusano.it/master/performing-arts-medicine


Il Master, unico nel suo genere, rivoluziona il rapporto fra medico, riabilitatore e artista definendone un nuovo approccio. Per questo l’Unicusano, avvalendosi anche della collaborazione del maestro Beppe Vessicchio quale coordinatore artistico, lo ha destinato a diverse figure professionali in ambito sanitario come medici, odontoiatri, psicologi, infermieri, biologi, farmacisti
e fisioterapisti.

Non mi sono fatta scappare l’occasione per parlare con il Maestro Vessicchio, che ho tanto seguito (ed inseguito) negli anni, soprattutto per la sua opinione e il suo approccio alla musica, intesa come strumento di crescita e di benessere, per l’uomo, ma anche per ogni organismo sulla terra.

In questa intervista, davvero ricca ed importante, il Maestro non solo ci parla di questo Master, ma approfondisce i temi che da anni propugno ed analizzo con il mio mestiere di giornalista: l’arte (ci) fa bene. Perchè privarsene?

Maestro Vessicchio, il corpo, la voce, ma anche il cuore e l’anima sono gli strumenti principali di lavoro degli artisti: quali sono, secondo lei, le principali problematiche di salute di chi lavora nello spettacolo e perché?

Premesso che non mi compete la parola del medico perché non lo sono, rispondo che le “problematiche di salute” cui accenna nella domanda sono varie e non poche.

Lavorando da anni nello spettacolo, posso dire che chi è afflitto da disturbi impedenti l’esercizio della propria disciplina subisce un riflesso psicologico di questo stato che non è comune agli altri e ha sempre più forte l’esigenza che il malanno in questione venga analizzato e trattato alla luce delle proprie esigenze professionali e al ripristino funzionale relativamente alle forme motorie proprie del linguaggio artistico che esercita.

Che queste problematiche siano di origine accidentale, come un colpo di freddo, un trauma muscolare o una affezione intestinale, o riferibili ad un uso squilibrato dei propri mezzi professionali, si rende comunque necessaria una diagnosi con annessa terapia che non prescinda da conoscenze riguardanti le specifiche attività della disciplina praticata dal paziente. Quindi, anche nel caso di un malanno considerabile accidentale, tali problematiche vanno analizzate e trattate con attenzioni specifiche.

La raucedine di un attore o di un cantante, lo stiramento muscolare di un danzatore o la tenosinovite di un violinista non possono essere affrontate e risolte prescindendo dall’inquadramento degli incarichi motori implicati, dalle intenzioni emotive che ne animano l’azione e dalla funzionalità prevista per l’optimum richiesto dal linguaggio artistico praticato.  Il “perché”, da lei riportato come domanda, permette di esprimere un concetto che sta a cuore sia a me che al prof. Gianluca Gucciardo, direttore scientifico di questa iniziativa.

Le “problematiche di salute” di cui stiamo parlando rappresentano contemporaneamente la partenza nonché la meta dell’interessante percorso che parte dalla diagnosi per giungere al ripristino funzionale attraverso la cura appropriata. C’è una circolarità nel rapporto causa-effetto. Siamo entrambi convinti che una corretta azione armonico-naturale, che da sempre regola salubrità ed equilibrio in colui che pratica le arti performatiche, sia la linea guida cui riferirsi per individuare le cause e allo stesso tempo per risolvere in maniera artistico-funzionale l’eventuale disarmonia che il corpo ha manifestato.

Ho sempre considerato le patologie come, appunto, disarmonie, come eventi non previsti nel nostro vivere evolutivo, quindi, per tali, assolutamente riconducibili alla deviazione di un processo naturale.

Al di là di queste personali visioni, credo che la nascita di questo Master e del Corso di perfezionamento e Aggiornamento professionale siano un momento importante perché se è vero che lo sport ha conquistato da tempo lo spazio per una propria medicina, è giunto il momento che anche i linguaggi dello spettacolo ottengano la propria.

Perché c’è bisogno di un approccio focalizzato ed integrato?

Anche in questo caso ci aiuta la metafora della circolarità. Focalizzare il dettaglio è fondamentale ma senza mai perdere di vista la sua funzione nel tutto. Il termine “integrato” assume pero anche un ulteriore significato: i procedimenti per la sanazione abbracceranno più linguaggi riabilitativi coerentemente con il mondo dell’arte dove ogni disciplina spesso affianca l’altra.


Ci indica qualche nome di professionisti che collaboreranno per il Master? So che si parla anche di Lara Fabian.

La signora Lara Fabian, straordinaria cantante, nella sua eminente posizione di star internazionale è la “madrina” della nostra iniziativa. Proprio perché gestisce con invidiabile consapevolezza i propri mezzi espressivi, sa benissimo che le problematiche che possono affliggere l’espressione artistica non possono prescindere dall’uso corretto della voce e dalla serena interazione mente/corpo. La assiste proprio il nostro Gucciardo che l’ha affidata, per seguirla spesso nei suoi tour mondiali, al suo vocal coach personale, Fabio Lazzara, che abbiamo scelto come uno dei docenti del nostro programma universitario.

Nel mio lavoro di giornalista teatrale, da anni, propugno il benessere dell’uomo anche attraverso le arti. So che avete scelto di inserire nel master delle scienze umanistiche. In alcune Accademie professionali, anche di danza o musical, l’insegnamento verte anche su queste materie: ancora troppo poche, però. Perché inserire questi studi?

La realtà è una sola ma i linguaggi per indagarla e narrarla sono tanti. Coltivando più punti di vista, coniugando le visioni scientifiche a quelle umanistiche ci proponiamo di stimolare una osservazione più ampia per poi scegliere la via più opportuna di un intervento riequilibrante. Non solo focalizzazione e integrazione ma, come già detto, anche interazione tra le conoscenze. Esperienza personale: ho capito il valore reale di alcune formule polifoniche, dopo aver calcolato freddamente il moto degli armonici implicati in una progressione o magari leggendo alcuni passi dell’opera di un filosofo, che so, tipo “De institutione musica” di Severino Boezio. Parlo di una materia, la polifonia, che per essere padroneggiata richiede un impegno, nonché un talento non inferiore a quello di un neurochirurgo o altro specializzato che qualcuno voglia indicare esercizio arduo e gravoso.

Il master è “accompagnato” da un’altra novità mondiale assoluta: il corso di perfezionamento e aggiornamento “Performing Arts Medicine related Athletology for Coaching, Management and Training of Artists” aperto anche ai diplomati. Ce ne vuole parlare?

Come vede, riguardo le possibili modalità di impostare un iter formativo, la nostra scelta non poteva essere altro che questa: panorama largo ed approfondimento specifico in costante relazione. Poiché la riteniamo una metodologia valida abbiamo proposto di coinvolgere anche i diplomati per offrire loro una intrigante veduta delle connessioni scientifico-umanistiche con i linguaggi dell’arte. Posizione dalla quale è poi possibile programmare l’approfondimento desiderata.

La musica di oggi è spesso campionata e “prodotta” al pc. I cantanti usano ed abusano dell’autotune. Sono convinta che la musica suonata e fruita dal vivo presenti delle vibrazioni differenti. Numerosi sono gli studi a riguardo. Quali studi sono più rilevanti, secondo lei, a riguardo? Un suo parere a riguardo?

La sua convinzione è fondata. In virtù di quel 95% che non conosciamo possiamo supporre che gli scambi che si attivano facendo musica di insieme ed interagendo con l’ambiente circostante sia notevolmente più ricco di informazioni. Il prodotto degli strumenti campionati è un pò come delle foto appiccicate le une alle altre nel tentativo di creare il movimento di un filmato. Ma in quella simulazione manca molto della fluidità vitale che anima la musica. In certi generi musicali di consumo è d’obbligo e, in alcuni casi, strutturante il genere stesso ma, ai fini di quello che ci proponiamo, lo considero limitante.


Quale musica potremmo ascoltare in casa, per migliorare il nostro stato psicoemotivo? Mozart è differente da Bach, ad esempio?

Ricercatori di tutto il mondo convergono sugli effetti prodotti dall’opera musicale di Mozart. Ho la sensazione che per andare a colpo sicuro convenga scegliere nel repertorio del compositore di Salisburgo. Tutta la sua produzione è straordinariamente istintiva quanto logica. Ritorna la circolarità degli opposti.

Ci sono state anche sperimentazioni nelle quali sono state utilizzate composizioni di Bach e/o di Haydn con risultati interessanti, ma la costante Mozart prevale. Ad un caro amico che per preoccupazioni familiari aveva perso il rapporto con un sonno sufficientemente compensativo degli affanni diurni consigliai di ascoltare in cuffia la celeberrima sinfonia 40, sempre di Mozart, prima di andare a letto. Questa applicazione di musicoterapia passiva gli ha risolto il problema. Un altro amico con problemi di diuresi mi raccontava che la “Passione secondo Matteo” di Bach gli stimolava l’escrezione delle urine in maniera incredibile. Se parliamo di un ascolto consolante io suggerirei di fermarsi a scrivere titoli di composizioni che conosciamo e alle quali attribuiamo un nostro valore affettivo e sentimentale. Sarà molto “personale” ma funzionerà moto bene per chi l’ha tracciata in quanto le stimolazioni al benessere arriveranno dalla nostra capacità mentale di associarle ad eventi piacevoli. Tutti dovremmo avere una playlist del cuore connessa con i ricordi. Il limite sarà che i ricordi di ciascuno di noi magari non coincidono con l’altro. Resterà una azione poco “oggettiva” ma in compenso sarà molto importante.


Le arti, la musica, la danza… da sempre uniscono gli uomini: possono essere uno strumento di pace?

Guardi, il linguaggio dell’arte porta in sé stesso una profonda ricerca di pace. Del resto lo spettacolo nasce in appendice alle funzioni religiose. Prima della nascita delle comunità l’individuo sentiva il bisogno di una espressione consacrante il proprio vissuto, elevando le bellezze così come esorcizzando le paure. Chi con un linguaggio chi con un altro, evolvendo verso la comunità, ha confluito ad una concertazione di arti che hanno accompagnato l’umanità fino ad oggi.

Ho avuto a che fare con orchestre straniere dove l’unico legame-linguaggio era costituito dalla musica stessa che dovevamo suonare e dalle intenzioni emotive che concertatamente mi prefiggevo di far emergere. Sentivo nell’aria la pace. Vedevo sui volti il sorriso soddisfatto di chi sta gioendo di quello che ha scambiato. Perché è di “scambio vicendevolmente proficuo” che parliamo. Una azione che nella cultura odierna, basata fortemente sull’economia, non trova più senso. L’intesa che si stabilì con quei musici fu idilliaca. Dopo la prova, al bar, cominciammo a conoscerci per la materia di cui siamo fatti e per le tradizioni di provenienza. Allora sono cominciate a emergere alcune divergenze di vedute sugli incontri calcistici, su aspetti religiosi o abitudini alimentari. Con la partecipazione delle sole anime la musica aveva creato quella la pace cui intrinsecamente si riferisce. Ecco perché mi sento di affermare che anche quando la musica sbandiera un messaggio di protesta, o accesa conflittualità, resta comunque un segnale di pace.


Tornando al Master…A chi si riferisce, quindi, e quando partirà?

Il Master è rivolto a medici, odontoiatri, psicologi, infermieri, biologi, farmacisti, assistenti sanitari, tecnici audioprotesisti, tecnici ortopedici, dietisti, fisioterapisti, logopedisti, ortottisti – assistenti di oftalmologia, terapisti occupazionali, educatori professionali, tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro.

Il Corso di perfezionamento e aggiornamento professionale si rivolge preferibilmente a insegnanti di arti dello spettacolo, agenti teatrali, docenti di scuole di ogni ordine e grado, istruttori di show dance, sport trainers, allenatori di disciplina CONI, artisti laureati in ramo umanistico o scientifico, maestri diplomati in una o più arti dello spettacolo, ingegneri e architetti, scenografi.

Meglio vedere i bandi.

Sia master che corso sono già partiti a maggio 2024. Le iscrizioni sono aperte tutto l’anno.


Come iscriversi?

Le domande di iscrizione devono essere compilate telematicamente sul sito istituzionale dell’Università UNICUSANO alla pagina www.unicusano.it

RINGRAZIO DI CUORE BEPPE VESSICCHIO PER IL TEMPO CHE CI HA DEDICATO!

SOTTO IL COMUNICATO STAMPA COMPLETO, CON LE INFO

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