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Danza

Gabriella Paravisi: La Dea Tersicore non mi ha ancora abbandonato…. di Maurizio Tamellini

Maurizio Tamellini, collaboratore storico di Riflettori su, ci manda questo sui personale ritratto della danzatrice Gabriella Paravisi.

“Se le piccole allieve dell’Opéra de Paris vengono chiamate “petit rat”, le piccole allieve della scuola di ballo del Teatro alla Scala vengono ancora chiamate “spinazzit” (spinaci), non per la loro somiglianza all’ortaggio, ma perché sulla fronte ci scappava sempre qualche ciuffettino ribelle e non si poteva sistemare mettendoci le mollette: allora non esisteva ancora il gel.


Negli anni 1935/40 del ‘900, quando le diplomande di quegli anni erano Luciana Novaro, Olga Amati e molte altre, la scuola di ballo non era ancora entrata nella sua età dell’oro: si iniziava però a respirare e percepire un nuovo vento di guerra. Furono anni davvero difficili, ma la scuola continuò il suo percorso senza mai fermarsi, neanche sotto i massicci bombardamenti.

Dopo la morte di Enrico Cecchetti, avvenuta a Milano nel ’28, e con l’avvento della Seconda guerra mondiale, la rinascita del Teatro alla Scala e il ritorno dall’America di Toscanini, per l’inaugurazione della nuova Scala, la scuola di ballo ebbe un grande exploit artistico. Per essere ammesse ai primi corsi di danza bisognava avere dei buoni requisiti, come: avere una struttura idonea alla danza, una famiglia di buoni costumi, avere il certificato idoneo relativo alla vaccinazione contro il vaiolo e un buon stipendio da parte della famiglia per il sostentamento dell’allieva/o.
Tutti questi requisiti Gabriella li aveva.


Milanese di nascita, classe 1941.
Se i sogni, come dicono, son desideri, alcuni di questi si possono materializzare. C’è chi desidera un trenino, una bambola per poter colmare il vuoto di una sorellina, un trenino elettrico, un pupazzo di stoffa, un nuovo vestito, ma il sogno di Gabriella era un altro: Lei desiderava con tutto il cuore di danzare!  Per ogni bambina poter indossare un tutù è come indossare il suo primo un abito da sposa…
Tutte le famiglie di allora (anche adesso purtroppo), trovavano che la danza non fosse una vera professione, né un lavoro rispettabile… Devo dire che chi intraprende seriamente questa professione è davvero privilegiato. Troppo sensibili all’arte, poco propensi al fatturato, con la convinzione che ci si debba solamente divertire….Questa leggenda metropolitana ci ha allontanato per anni dalla realtà della vera vita sociale, ci ha esonerato dai problemi terreni, ma in cambio eravamo delle prescelte!!
Gabriella entrò alla scuola della Scala nel ’52, a 11 anni, un luogo magico per Lei ed irraggiungibile.
Miss Elmèè Bulnes fu la sua prima maestra di danza. Furono anni dedicati alla danza, ma nel contempo studiava anche Corrispondenza Commerciale, inglese e ragioneria.


In quel periodo della scuola fu scelta per danzare nella parte del chierichetto nella Tosca, cantata da Maria Callas. Il suo balletto preferito era Cenerentola, dove interpretava una stella che scoccava la mezzanotte.
La prima ballerina era Violette Verdy. Non posso dimenticare Paolo Bortoluzzi:un grande danzatore.
In quegli anni iniziò ad apparire in scena Carla Fracci .


Mio padre era molto amico del suo, in quanto fecero amicizia aspettando le loro figlie,in portineria di Via Verdi, che uscissero da danza. Furono anni bellissimi e spensierati fino a quando le riscontrarono, ad una visita medica, un soffio al cuore con deformazioni.
Il mondo le crollò addosso, non avrebbe più potuto diplomarsi e fare il suo passo d’addio alla Scala, (come da prassi in quegli anni). Era arrivata al 7° corso… La Scala era diventata per Lei la sua seconda casa.
Erano gli anni di Liliana Cosi, Luciana Savignano, Amedeo Amodio, A.M. Prina, Luigi Sironi, Walter Venditti, Roberto Fascilla…


Riuscì comunque a danzare in un matinée alla Scala in Cenerentola, ma il trucco si rovinò per le copiose lacrime che Le scendevano dal viso. Le sue amiche che avevano instaurato una profonda amicizia, doveva lasciarle, soprattutto Manuela e Benedetta Bianchi Porro, quest’ultima riconosciuta Beata. Fu l’ultima sua entrata in scena, il suo  canto del Cigno !


Gabriella rimase per più di dieci anni senza vedere balletti, opere, Tv: tutto quello che poteva ricordargli la danza!!
Aveva chiuso quel capitolo nel peggiore dei modi possibili.
Andò a lavorare in ufficio nella Ditta di suo padre.


Nel 1964 si sposò, a 23 anni. La sua vita era cambiata, ma dopo qualche anno andò nella scuola di Loredana Venchi a Verona ad insegnare alle sue allieve. Un lieve ritorno al passato: ed è in quel passato che conobbi Gabriella, riconoscendo in Lei la sua grazia e il suo portamento che non passavano inosservati, dove danzammo e condividemmo in  quella scuola tra balletti e sogni, il mio destino di danzatore.

IMMAGINI (1a foto), Terza da destra, Gabriella Paravisi, Sala Cecchetti Teatro alla Scala

Gabriella Paravisi

Gabriella Paravisi, Teatro alla Scala, 1957

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