
Lo stigma del “grasso” nel mondo del musical internazionale. Oltre il body shaming
Marco Carnevali è un giovane performer che, oltre al diploma nel 2024 presso la S.D.M. Scuola del Musical, ha conseguito nel 2022 la laurea presso il DAMS, Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo (Relatrice: Elena Cervellati), con una tesi – davvero attuale – dal titolo Gr*sso: storia di un corpo invisibile nel musical theatre.
Un tema scottante, quello del body-shaming e del giudizio del corpo, a livello personale, ma soprattutto nel mondo dello spettacolo.
Tra l’altro, Carnevali non ha perso tempo e, dopo la laurea e il percorso accademico, a settembre 2024 ha iniziato la tournée come ensemble/cover Vlad del musical “Anastasia”, con regia di Federico Bellone e Chiara Vecchi e produzione di Broadway Italia.
Lo spettacolo arriverà a Roma, al Teatro Brancaccio, dal 9 al 13 aprile.
Avrei potuto non intervistarlo?
Marco, perché hai scelto questo percorso di studi e a cosa è dovuta la scelta della tua tesi?
Ciao Silvia! Intanto ti ringrazio di cuore per questa intervista. A 18 -19 anni sapevo di voler intraprendere una carriera artistica, solo che sono venuto a compromessi con le possibilità che avevo dopo il liceo (nonché la volontà dei miei genitori di avere una laurea prima di studiare in un’accademia di teatro), per cui la scelta è ricaduta sul DAMS di Bologna. Guardando in prospettiva tutto quello che è successo (soprattutto con il COVID), sono felice delle scelte che ho fatto, avevo bisogno del DAMS per motivi personali oltre che di carriera.
La scelta del tema della tesi è arrivata quando ho realizzato di voler parlare di qualcosa che mi stesse a cuore, e che non fosse solo un elaborato scritto per completare il mio percorso universitario. Era comunque pertinente agli studi fatti fino ad allora, nonostante non avessi mai affrontato in maniera specifica il tema del musical in classe. Ho proposto il tema alla dottoressa Cervellati, che lo ha subito accolto con entusiasmo.

Il corpo grasso è stato ritenuto un simbolo di “decadimento morale e di inciviltà” a partire dalla fine dell’Ottocento negli Stati Uniti, andando a definire un fenomeno sociale chiamato grassofobia che ha contaminato fortemente l’ambito spettacolare. L’ambiente delle arti performative, e in particolare modo del musical theatre, ha infatti sempre scelto di rappresentare quasi esclusivamente una solatipologia di corpo: magro e bianco. Cosa ha comportato tutto questo nel mondo dello spettacolo?
La storia del teatro è sempre stata connessa alla storia del mondo, ne è il riflesso in certe accezioni. Quindi, in un periodo storico in cui ha preso sempre più piede questa “guerra” culturale nei confronti del corpo grasso per svariate ragioni (pubblicizzazione di nuovi prodotti dimagranti, l’avvento delle “flappers” come nuovo modello femminile ricercato, le riviste nazionali riempite di immagini satiriche promotrici di una bellezza “magra”), il teatro è stato influenzato di conseguenza. Si è definita nell’immaginario comune una visione chiara di come dovesse essere fisicamente il protagonista ed eroe di una storia, e di come invece gli altri ruoli dovessero essere rappresentati, come se a ogni corpo corrispondesse un valore morale: il cattivo o la madre o l’amico buffo sono grassi, la “principessa” deve essere esile.
Siamo riempiti di archetipi di questo tipo anche e soprattutto nella televisione: basti pensare alla Disney, oppure nelle fiction e nei reality show. Il corpo grasso è comunque visto come un corpo che deve redimersi, che pecca di bellezza per far spazio al fascino del protagonista.

Il corpo grasso sembra dunque non esistere sulla scena, e se esiste è sempre un’eccezione, in un’ottica antagonista o simpatica, come “spalla comica” del protagonista aitante e fisicamente prestante. In che modo hai analizzato questo tema nella tua tesi? Ci vuoi citare qualche esempio che hai portato?
Sicuramente ho notato come in moltissimi musical i personaggi “grassi” vengano narrati e mostrati solo in relazione a un elemento altro, che può essere il cibo (per cui in alcune scene vengono mostrati mentre mangiano in maniera esagerata e anti-realistica) oppure un altro personaggio (come ad esempio il protagonista, di cui sono migliori amici o acerrimi nemici). Per fare solo alcuni esempi: Jan (Grease) ha pochi interventi perlopiù a sfondo comico rispetto al suo costante mangiare; Elder Cunningham (Book of Mormon) fa da spalla comica ad Elder Price e ne rappresenta la controparte poco seria e più ingenua; Barry Glickman (The Prom) pronuncia costantemente insulti autoironici sul suo corpo; Vlad (Anastasia), nonostante mostri saggezza e lealtà nei confronti dei suoi amici protagonisti, non sviluppa un arco narrativo di evoluzione comequello di Anya e Dmitri, e su di lui ricadono la maggior parte dei momenti comici della storia.
Ci sono esempi ovviamente di rappresentazioni di rilievo dei corpi grassi, primi su tutti Tracy in Hairspray ed Effie White in Dreamgirls, ma anche questi hanno problematiche grassofobiche e comunque rappresentano delle eccezioni.
Ciò non significa che non debba essere rappresentata questa tipologia di persone, perché esiste e in ogni personaggio si può trovare una propria tridimensionalità. Il problema è che spesso le
sceneggiature rappresentano questo tipo di personaggi in maniera piatta, come a dire che la loro unica funzione nella storia sia quella di far ridere il pubblico o di fornire ad esso un nemico da sconfiggere (facilitandolo per la scelta di un corpo “fuori dal canone” di bellezza).
Un altro problema è la creazione e la tradizione di archetipi su personaggi divenuti “iconici”, per i quali, in fase di casting, non viene considerata una versione diversa, nonostante non ci siano ragioni motivate dalla trama per cui un determinato personaggio debba“per forza” avere quella fisicità.

Il body shaming, secondo la tua esperienza, si attua anche tra colleghi, nelle scuole di musical e soprattutto alle audizioni?
Purtroppo ho avuto modo di sentire per lo più colleghe donne che ne sono state vittime, in vari ambienti. Credo che, nel mondo del lavoro di oggi, si considerino problematiche le cosiddette “vie di mezzo”: o si ha “il fisico”, o si è molto grassi. Chi non rientra in una delle due categorie viene spesso tagliato fuori, come in fase di audizione, anche a parità o superiorità di talento con una persona dalle forme più canoniche.

Quindi la fisicità, come lo è stata l’etnia, potrebbe essere sdoganata. Se abbiamo Enjolras ed Elphaba neri o asiatici, potrebbero secondo te, un giorno, essere scelti un attore o un’attrice, anche fuori dai canoni tradizionali di fisicità, per ruoli in cui non è specificatamente richiesto che si tratti di persone dalla corporatura ritenuta atletica? E nel caso, cosa servirebbe per arrivare a questo, senza magari scomodare METOO e quote rosa?
Assolutamente sì! La domanda che dovremmo chiederci, per ogni personaggio, è: perché non può essere diverso? Perché Elphaba non potrebbe essere grassa? Perché Belle, Velma, Satine, Jenna, Elle Woods, o al maschile Eljoras, Christian, Jack Kelly, Fiyero,non possono avere fisicità diverse?
Per fortuna, a Broadway e nel West End cominciano a esserci notevoli cambiamenti su questo aspetto (due esempi recenti sono Beanie Feldstein come Fanny Brice in Funny Girl, Broadway, e Marisha Wallace come Sally Bowles in Cabaret, West End).
Credo che in Italia siamo ancora molto attaccati al concetto di physique du role.

E perché, tirando le fila del ragionamento, il body shaming non ha ragione di esistere, sempre restando sul tema spettacolo (parlaredel mondo al di fuori, prevederebbe un’altra laurea!)…
Perché essere giusti per un personaggio significa, secondo me, avere la qualità artistica per poterlo interpretare, mantenendosi fedele alla sua caratterizzazione, e non solo alla fisicità. Dobbiamo slegarci dall’idea che il personaggio debba essere “bello” (per come intendiamo noi il “bello”) per essere giusto. Soprattutto, per estendere il discorso anche al di fuori dello spettacolo, i corpi non hanno una connotazione morale! I corpi sono corpi, punto.
Tutto il resto, giudizi e impressioni, è costruito da noi. Quindi sarebbe nostra responsabilità cominciare a decostruire, ed è un lavoro che dobbiamo fare insieme per un teatro meno “bello” e forse un po’ più autentico.
So che hai già iniziato a lavorare: hai mai subito limitazioni o pressioni in questo senso?
Per fortuna sono sempre stato valorizzato e non ho ricevuto alcun tipo di pressione o giudizio sul lavoro. In Anastasia ho comunque un po’ di interventi comici o caratterizzazioni dei vari personaggi mirate in quel senso, ma ho anche momenti di drammaticità o di “serietà” per cui non risulto diverso da nessuno degli altri membri dell’ensemble (ad esempio, nelle scene dei valzer, tipo “Quando viene dicembre”, oppure in “Pochi istanti”).
Quali sono state le tue prime apparizioni in teatro?
Il mio debutto semi-professionale è avvenuto nel 2022 con Spring Awakening, diretto da Alessia Cespuglio e prodotto da Todomodo Music-All, in cui interpretavo Moritz. Ci tengo a specificarlo perché Moritz è proprio uno di quei personaggi rappresentato sempre da attori molto magri, ed è stato molto entusiasmante per me raccontare attraverso il mio corpo la storia di quel personaggio.
Adesso sono in scena con Anastasia, che è ufficialmente il mio primo lavoro in una produzione grande!

Hai qualche aneddoto da raccontarci su Anastasia?
Ovvio! Questo aneddoto prevede però degli spoiler! Durante una delle repliche di Milano, i lampadari della primissima scena che cadono a terra hanno sbattuto troppo forte contro il palco e hanno perso diversi pezzi, quindi abbiamo cercato di recuperarne il più possibile durante tutti i controscena di “Voci a San Pietroburgo” (ovviamente rimanendo nel personaggio, ma credo che il pubblico si sia accorto di quello che stava succedendo…ahahahah!).
Sogni nel cassetto?
Tantissimi. Ci sono tantissimi personaggi che vorrei interpretare, spero di averne la possibilità in futuro. Sicuramente sogno un teatro più libero di adesso, che sia in grado di guardare agli artisti liberandosi dalle convenzioni estetiche e che possa esso stesso ridefinire cosa sia bello o brutto! L’arte ha il ha il potere di cambiare le cose, non dimentichiamocelo”
N.D.A. Marco Carnevali sarà in Assistente di Produzione domani sera a Ferrara, al Teatro Comunale, per Casa di Bambola 2, con Alice Mistroni e Simone Leonardi.
