Dal 9 al 12 maggio, La Dual Band porta in scena un coinvolgente musical “di comunità” con la partecipazione di 44 giovani talentuosi. Il “Sogno di una notte di mezza estate” prende vita attraverso il dialogo tra i giovani e la città, arricchito da musica, canto e suggestioni d’ombra.

Abbiamo intervistato Anna Zapparoli, che ci parla nel dettaglio del progetto.

Anna, so che vi siete aggiudicati un bando! Che bando era e perché avete deciso di partecipare?

 
Si tratta del bando MusicaMi, indetto l’anno scorso dalla Fondazione Comunità Milano. Appena l’abbiamo visto ce ne siamo innamorati. Sembrava scritto su misura per la nostra compagnia. Richiedeva la messa in scena di uno spettacolo il cui tema fosse la passione e di mettere insieme un cast di giovani fra i 16 e i 24 anni. Inoltre era richiesto che ci fosse un’operazione di drammaturgia in musica, che, modestamente, è un po’ la nostra specialità. Noi lavoriamo sempre con la musica e le parole fianco a fianco, e lavoriamo moltissimo coi giovani.

Come avete scelto il cast?

Tramite una call sui social e attraverso alcune scuole “amiche”, abbiamo fatto provini a inizio ottobre, non soltanto per cantanti, attori e ballerini, ma anche per i partecipanti ai laboratori di costruzione costumi e quello di progettazione del teatro d’ombra. 


Un titolo davvero impegnativo.. Il Sogno era richiesto dal bando o lo avete voluto voi?

Il bando chiedeva che si parlasse di passione. E il Sogno ci è sembrato perfettamente in tema, per le due passioni che lo attraversano, l’amore e il teatro e perché è una commedia corale, con un cast tutto di giovani. 

Un classico di Shakespeare che davvero abbiamo visto rivisitato in tutti i modi, che diventa un musical. D’altra parte le musiche erano previste… Come e cosa avete scritto?

Sì, certo, il Sogno non è un testo innovativo, e questo era il punto debole del nostro progetto rispetto al bando, che dava punteggio per l’innovatività. Ma d’altra parte, per dei ragazzi scoprire la vita che c’è dentro a un classico, riteniamo, è innovativo, soggettivamente per loro. Non è una barba Shakespeare, parla di noi, delle nostre emozioni. Detto ciò, il Sogno è uno dei testi più musicali di Shakespeare: effettivamente la musica è prevista da lui in molti punti. Noi abbiamo però scelto il linguaggio tradizionale, un po’ citato, “da musical” dei duetti d’amore, dei terzetti di gelosia, dei quartetti di litigio furioso. Un divertimento pazzo per tutti, per noi “vecchi” che l’abbiamo scritto e per loro giovani, che si sono tuffati nella materia a capofitto, con una generosità che è la risposta più bella alla generosità di Shakespeare.
C’è una canzone d’apertura e di presentazione del cast, e poi una ventina di canzoni, che riguardano le parti più propriamente liriche e magiche del testo. I “luoghi del canto” (come del resto nell’originale) sono gli innamorati e il bosco incantato dove si perdono e si ritrovano. Nelle scene del bosco abbiamo anche previsto scene di danza e di ombre accompagnate dell’orchestra completa. Lo stile varia dalla classica canzone da musical al clima fortemente dissonante delle apparizioni del bosco notturno.
 

Un lavoro di comunità, si diceva….come e perché il teatro può aiutare la crescita dei giovani?

Non è retorico dire che una compagnia che si forma con un obiettivo comune, la messa in scena di un determinato testo, diventa, per il tempo in cui esiste, una vera e propria comunità, dove ci si conosce, dove si conoscono i pregi, e anche i difetti, dei compagni. Dove hai possibilità di esprimere il tuo talento, ma dove tocchi con mano – anche al negativo, perché magari non ti sei impegnato e hai messo nei pasticci un intero gruppo di persone (innegabilmente c’è stato anche questo aspetto) – che il tuo impegno serve al risultato finale. Dove il gioco va pensato nelle due accezioni parallele: 1) gioco come libera espressione della fantasia; 2) gioco come rispetto delle regole. In più, aggiungiamoci la scoperta di vedere fondersi insieme tante discipline artistiche differenti (orchestra, danzatrici e danzatori, cantanti e attori, scenografi, costumisti, ombristi), ma sorelle, fuse in un unico grande respiro all’unisono.
 

La caratteristica del Cielo sotto Milano è di essere per l’appunto sotto Milano. Dove siete logisticamente e come sfruttate la posizione anche per lavorare a questo progetto?

 
Ci piace dire che siamo l’unico teatro al mondo in un metrò (non vorremmo però andare incontro a del fact-checking serio: magari a Tokyo o a Chicago ce n’è degli altri). Siamo all’interno della stazione del Passante ferroviario di Porta Vittoria (che però, attenzione, è in viale Molise). La posizione è un crocevia di vite. Molti dei nostri spettatori erano in origine dei semplici passanti nel Passante. Abbiamo vetrate su tre lati, e quindi la gente che passa vede quello che facciamo. Questo, a dispetto dello sferragliare dei treni (che noi inizialmente temevamo, ma che molti nostri spettatori vivono come un valore poetico aggiunto), porta a un colloquio incessante, a una strana intimità tra il Fuori e il Dentro del teatro, che stinge inevitabilmente anche sul contenuto dei testi. È chiaro che dire Shakespeare, dire che siamo in un bosco nei dintorni di Atene mentre siamo in una stazione nei sotterranei di Milano, dà un valore diverso alle nostre parole e ai nostri atti. Coi ragazzi questo palcoscenico che sta in mezzo a loro funziona molto. Si sentono a casa loro.
 

Che cosa vuol dire oggi portare in scena Shakespeare?

 
Questo testo parla molto di filtri e incantesimi. Ebbene, Shakespeare ha su di sé un incantesimo (se lo sarà fatto lui da solo): apri una pagina a caso – di tutto il suo opus, tragico, comico o storico – e parla di te. Questo esilarante, perfetto teorema d’amore si fonda o contiene atti di violenza su quattro donne diverse: quella del duca Teseo su Ippolita, che si consuma prima dell’inizio, quella duplice di Egeo e Demetrio su Ermia, quella di Demetrio su Elena, e infine quella di Oberon su Titania. E tutto lo sconvolgimento erotico delle fughe nel bosco, con relativa perdita di identità, se non addirittura di appartenenza alla specie (vedi Bottom con la sua testa d’asino), riesce sì a farci ridere, ma l’angoscia che lo sottende ci fa guardare agli strati più profondi dell’inconscio e della sessualità dei personaggi. La fuga nel bosco è un cammino per ritrovare se stessi. Sono cose che ci riguardano tutti – i giovani perché lo stanno vivendo, i più adulti perché l’hanno passato e ne portano le ferite. E ci ridi sopra perché è così, e lo riconosci, dici “ eh, certo che è così!”
 

Vogliamo ricordare i collaboratori al progetto?

 
Certo! Sono la nostra forza. Possiamo ben dire a questo punto che sono state collaborazioni bellissime. Alcune con persone che lavorano con noi da anni, come Susan Marshall (costumista) e Alessandra Amicarelli (ombrista), con le quali c’è un’affinità ormai sperimentata, ci capiamo al volo anche da lontano. E invece due scoperte bellissime sono state Michele Fedrigotti, che cura l’orchestra, e che ha lavorato con passione a infondere lo spirito dei pezzi di Mario Borciani nei suoi giovani strumentisti di CrescendOrchestra. E Sonia Usurini, coreografa sensibilissima, con cui è scattata una chimica immediata. È bellissimo lavorare in questo modo, con fiducia e passione.
 

Che cosa vedremo materialmente sulla scena?

 
L’intero spazio del Cielo sotto Milano sarà coinvolto. Abbiamo allungato la platea, in modo da avere una specie di pista elisabettiana, con gli spettatori da tre lati. I ragazzi saranno circondati dagli spettatori, i quali a loro volta saranno avvolti nell’orchestra. I personaggi non saranno vestiti da ateniesi o da elisabettiani. Ci sono precisi schemi cromatici per dire il bosco e per dire Atene. E ci sarà Bottom col suo testone d’asino, e Puck che farà letteralmente i salti mortali. E il bosco sarà fatto con le torce e le ombre, a sottolineare il senso di smarrimento dei personaggi. E c’è una grande luna con cui si gioca a palla. Ah, e naturalmente un cane. Lo prevede Shakespeare.
 

Quanti saranno gli artisti sul palco?

 
Quarantaquattro! Assolutamente non in fila per sei col resto di due, ma in gioioso casino. 

Come vostro solito, la musica sarà dal vivo. Ci dici qualcosa in proposito?

 
Ci sarà un’orchestra di quindici elementi diretta dal Maestro Michele Fedrigotti, che sarà principalmente impiegata nella canzone d’apertura e nelle scene di danza, mentre le canzoni e i pezzi d’insieme cantati saranno accompagnati da un piccolo complesso comprendente flauto, due tastiere, basso elettrico e batteria. I cantanti e l’accompagnamento lavoreranno rigorosamente del vivo. Ci saranno anche alcuni pezzi registrati, riguardanti le musiche “cerimoniali” e i rumori (magici o realistici) che si odono nel bosco. 

Dove e quando possiamo vedere lo spettacolo?
9, 10, 11 maggio, ore 20
domenica 12 maggio, ore 16.30
al Cielo sotto Milano
Viale Molise, all’interno del mezzanino della stazione del Passante ferroviario di Porta Vittoria 



COMUNICATO STAMPA

MI-ùsicol
Dream è l’esito di un progetto cresciuto nel tempo, sostenuto dal Bando
MusicaMI di Fondazione Comunità Milano, che chiamava a una sfida ambiziosa: l’ibridazione fra ragazzi giovanissimi e
professionalità del mondo dello spettacolo: compositori, drammaturghi,
costumisti, ombristi, registi.
La Dual Band ha risposto dando vita a un
progetto lungo 7 mesi, composto da vari
laboratori interdisciplinari che hanno permesso di portare in scena 13 giovani
cantattori, 10 danzatori, 3 ombristi, 3 costumiste, 15 strumentisti, per
raccontare la passione. E con loro sul palcoscenico Benedetta Borciani
(Titania) e Beniamino Borciani (Oberon), veri e propri catalizzatori e
portatori di energia.

Un gruppo di giovani selezionati, provenienti da
Licei e Università milanesi, ha affrontato tutti gli aspetti della scena; ha
riaperto senza paura
il sottile ponte che unisce i classici e
l’emozione, intrecciando due volti
della passione: l’amore e il teatro.
La passione dei quattro
innamorati che amano a turno la persona sbagliata, ma anche la passione dei sei
comici per il teatro, con le loro prove segrete nel bosco per la festa delle
nozze del Duca Teseo.
  E la passione di Shakespeare per la propria arte (il Sogno
è l’unico luogo di tutta la sua opera in cui Shakespeare racconta cosa vuol
dire
 per lui essere un poeta:
‘Dare all’aereo nulla un luogo dove esistere, e un nome”).

Nei
mesi di preparazione del lavoro i giovani hanno stimolato il proprio senso di
appartenenza, accresciuto la propria autostima e messo a valore i propri
talenti, attraverso
la
partecipazione attiva all’atto teatrale, creando un circuito virtuoso da cui è
nato un musical che è di comunità; perché se prima la necessità di fare arte
era legata all’idea di servizio, di “fare arte per”, la direzione da prendere
ora è quella del “fare arte con” in una conversazione intima e incessante che è
prima di tutto un “fare scuola”: la partenza, appunto, per ricostruire una
comunità. Inoltre la posizione del Cielo sotto Milano, luogo intimo ma di
transito come la stazione del Passante ferroviario, è in grado di parlare a un
pubblico sempre nuovo.

Con
questo spettacolo la compagnia torna a due capisaldi del proprio percorso
artistico: il musical e la lezione di William Shakespeare. Portare in scena
Shakespeare è, secondo la Dual Band, andare alla scoperta di sé, e quindi alla
riscoperta di un immaginario autenticamente contemporaneo che ci parla dalle
sue opere. L’unione tra parola cantata e parlata è una cifra della Dual Band,
una delle poche compagnie italiane che dispongono di una librettista e di un
musicista residenti, Anna Zapparoli e Mario Borciani, che dal 1997 scrivono
insieme spettacoli musicali. Anche in questo caso, la musica è stata scritta
appositamente per lo spettacolo, in modo da stimolare ragazzi e ragazze –
grazie ai maestri di canto, danza e d’orchestra – sotto due aspetti: la loro
espressività individuale e il lavoro d’insieme. E anche i collaboratori del progetto sono di grande prestigio: Michele
Fedrigotti, già direttore artistico di Milano Classica, attualmente direttore
di CrescendOrchestra; mentre Susan Marshall, costumista estrosissima e
appassionata pedagoga, docente di storia del costume al Politecnico di Milano,
e Alessandra Amicarelli, una delle poche scenografe a far teatro d’ombra in
Italia, daranno impatto poetico all’aspetto visivo. Infine il progetto può
contare sul prezioso apporto coreografico di Sonia Usurini di Oscar
DanzaTeatro.


Costo
Biglietti:

Ingresso ordinario – 16 €

Ingresso under 26 – 12 €