Strippete! La commedia musicale c’è.  Più forte che mai. E così sia!

Quando si scrive di spettacoli come Aggiungi un posto a tavola, si può soffrire di un pochino della sindrome del foglio bianco.

O meglio, tanto è già stato scritto su questo spettacolo, la cui Arca ha veleggiato in Italia (e non solo) per 50 anni e che è stato oggetto di differenti messe in scene, anche non professionali, è stato argomento di libri ed è persino entrato in tesi di laurea.

Si rischia di essere ripetitivi e ridondanti, di non aggiungere nulla a quello che già sappiamo e che altri hanno detto prima di noi.


 

La forza di questi spettacoli, come un altro che in questo periodo ha festeggiato plurimi anniversari, e cioè Jesus Christ Superstar, è che ogni volta è sempre nuovo.

Si, d’accordo, verrebbe da citare l’hic et nunc del teatro e la magia dello spettacolo dal vivo, che si ripete uguale e diverso ogni sera.

Ma non è solo questo.

Forse, gli anni passati dopo il debutto di questo spettacolo, hanno cambiato in primis il pubblico, ormai abituato ad altri ritmi e “visioni”, e poi ha trasformato ogni singolo spettatore, “passato” (mai termine fu più appropriato nei giorni di Pasqua), attraverso gli anni, le esperienze e le burrasche della vita.

Tanti sono i fattori che si modificano in 50 anni. 

Ma allora, perché riusciamo ancora a meravigliarci di fronte ad uno spettacolo di 50 anni fa? Come mai così tanti sold out al Teatro Nazionale, per il pubblico “difficile” di Milano?

Perché abbiamo ancora voglia di parlarne?

Rileggendo la precedente mia recensione di questa commedia musicale, quella con Gianluca Guidi come protagonista e regista, mi rendo conto che molte cose andrebbero ridette, ma molte altre andrebbero aggiunte.

In primis, questa è un’Edizione fresca, ancora più fresca della precedente, dove parlai di una mano di vernice nuova: magistrale è stato Marco Simeoli, che, non solo ha accorciato di quasi 10 minuti un carrozzone di circa tre ore, ma è riuscito a dare luce a quella patina retrò, che tanto ci piace, illuminandola con ritmo, gag, ironia che, senza snaturare un testo perfetto, ancora oggi riesce a strapparci il sorriso. E qualche risata di cuore.

Il cast straordinario che è stato scelto, poi, è perfetto per l’Edizione dei 50 anni. 

E lasciatemi dire: il pubblico è andato a Teatro anche per la meravigliosa Lorella Cuccarini, ma questa volta non si è puntato solo su un tale nome per fare cassa. Semplicemente, non serviva, è quasi ridondante.

Lorella, che sulla carta ha fatto storcere il naso a molti di noi, perché pareva non adatta al ruolo di Consolazione, ha dimostrato ancora una volta come la professionalità, il talento e la voglia di esserci (nonostante gli impegni televisivi), siano fondamentali: la Cuccarini sembra che abbia sempre fatto avanspettacolo da tutta la vita, la immaginiamo nei varietà dei cabaret di periferia, con piume e reggicalze, senza più pensare che ha alle spalle una carriera che l’ha sempre portata da tutt’altra parte. In ruoli da superstar! 

Nei panni di Consolazione, tutta quella carica popolana e casereccia da Bocca di Rosa – che lo faceva per passione, e, suvvia, anche un po’ per soldi -, ci porta a farci credere che sì, la pecorella smarrita che arriva nel paesino di montagna può imbizzarrire i tori e può anche redimersi per diventare pecorella innamorata.

Ci crediamo e diamo merito a Lorella Cuccarini per crederci per prima e divertirsi, tanto, tantissimo, in un gruppo che la sostiene e dove lei, con grandissima umiltà, balla mescolata al corpo di ballo, con i codini ondeggianti ed un costume non dissimile alle altre ballerine, fa gruppo, non è Prima Donna ed è, lasciatemelo dire, grandiosa.

Perché vedete, non è lei la protagonista assoluta dello spettacolo: in scena, regna incontrastato Don Silvestro, anche qui, un carismatico Giovanni Scipioni, a cui guardiamo da subito con curiosità, per capire come l’attore stimato dal pubblico, che è in Tv ed in giro per l’Italia con FRA’. San Francesco, la star del Medioevo, possa aver indossato la tonaca che tanto “pesa” per gli illustrissimi precedenti. 

Il suo Don Silvestro è il clero che ci piace: come si dice in scena, “C’è chi nasce prete”, ed il ruolo che intesse Scifoni mi ricorda tutti quei preti giovani e pieni di cristian fermento che, vivavaddio, riescono oggi a portare i ragazzi negli oratori, coinvolgendoli grazie ad entusiasmo ed una “svecchiatura” delle regole di Sacra Romana Chiesa.
E se alla fine lo spettacolo, come è stato scritto, non diventa rivoluzionario, non sovvertendo le regole imposte (ammettiamolo, ci dispiace ma abbiamo provato un brivido quando alla fine si rimette la tonaca, perché percepiamo la vocazione), ci viene da dire che sì, questa è la Madre Chiesa che vorremmo, e che non è solo incarnata da Cupole e da ’”altissimi prelati” (che qui, sono poi la stessa cosa).

Bravo Scifoni nella mimica, ottimo nella presenza e, dove non arriva con la voce, comunque calda ed intonata, sopperisce con un’ottima recitazione, che in alcuni punti diventa quasi “ispirazione” personale.

 

E brividi quando interagisce con la Voce di Lassù, registrata, del grande Enzo Garinei

Marco Simeoli, oltre la regia, da due edizioni è anche il Sindaco Crispino: in questa ultima versione, il suo è un personaggio meno caricato e caricaturale, che si gode di più le battute e che ricorda, anche nei tratti, un giovane Enzo Garinei, il quale all’epoca gli diede consigli per la parte. Un attore di grande spessore, che, a volte, omaggia Proietti.

Un
plauso però anche alla deliziosa Clementina, ruolo che sembra passare
in secondo piano, ma no, non può e non deve, per la simpatia, la
freschezza, la leggerezza della debuttante Sofia Panizzi.

Senza
dimenticare la rivelazione di Francesco Zaccaro come Toto e la materna
precisione (anche nelle controscene) di Francesca Nunzi, come Ortensia
(e in alcune repliche in quello di Consolazione), tra i primi ad
aggiungersi alle “formiche”, per amore della figlia.

La
scenografia, con il doppio girevole, è di Gabriele Moreschi, che ha
riadattato il progetto originale di Giulio Coltellacci: la scena è stata
realizzata dalla scenotecnica di Mario Amodio, che fu il costruttore
nella prima edizione del ’74 e da Antonio Dari per la parte meccanica.
Facile in questo contesto creare un fluido cambio di scena, senza
interruzioni o cali di energia, dove si muove con agilità l’ottimo
ensemble di 16 danzatori (la coreografia di Notte per non dormire
prevedono prese di grande impatti e un paio di acrobati arricchiscono le
coreografie originali di Gino Landi, riprese da Cristina Arrò).

L’impasto delle voci è garantito dal direttore musicale Maurizio Abeni, già assistente di Armando Trovajoli. 

Poco altro sarebbe da aggiungere per parlare di uno spettacolo
storico con una trama che è più che mai attuale: ma ci pensate se
venisse un secondo diluvio universale?

Magari con una Voce di
Lassù in diretta social, che manda messaggi vocali e video, che si
autoeliminano dopo la lettura? E le campane che suonano da sole… o
magari comandate da un PC?

Se, ovviamente, sarebbe difficile non
lasciare trapelare la notizia al di fuori del paesello, nell’era della
globalizzazione, forse facciamo meglio a sognare ancora un mondo come
quello descritto in questa fiaba (o favola, perché ci sono anche gli
animali, benché cassati in questa edizione più smart), dove i millenials
godono di ricordi retrò ed la Generazione Zeta si può prendere il gusto
di stare tre ore sedute in teatro, per godersi di una commedia musicale
che ha fatto storia e che fuori dalla storia continua a vivere.

Qui e lì, o dove volete voi.

E quindi…perché no?

Lo spettacolo arriva al Teatro Alfieri di Torino dal 4 al 7 Aprile 2024 e altri teatri in via di definizione.

APPLAUSI FINALI E SALUTI ALL’ULTIMA DI MILANO 

PER GLI AMANTI DEL GENERE, ANTICIPO QUESTO EVENTO:

L’ottava edizione del Riconoscimento Nazionale Biennale Garinei & Giovannini si terrà il 18 maggio 2024 dalle ore 15.30 alle 17.00 presso il Teatro San Rocco a Seregno (MB).