David Zard, nel discorso finale per l’ultima del suo spettacolo storico, Notre Dame de Paris, il 10 settembre all’Arena di Verona: “1.246 repliche, delle quali, solo all’Arena di Verona, 38, e siete ancora qua. Ma non vi siete un po’ stufati?”.
Evidentemente, no.

Poco più di una settimana fa, si è fatta la storia dell’Opera Popolare: se stessi scrivendo un libro dedicato allo spettacolo musicale in Italia (non chiedetemelo, almeno per ora non ho tempo), dedicherei, senza tema, un capitolo al gigante Notre Dame de Paris.

15 anni fa Zard, nei credits del dvd, affermava “E’ impossibile questo, è vero” : già da allora si rendeva conto di essere sulla strada giusta per realizzare quello che voleva, ma forse non si rendeva conto di dove potesse arrivare questo spettacolo in Italia. Forse più che nello stesso paese d’origine.
Non voglio fare un articolo di “captatio benevolentiae”: non ho mai lavorato per questa Produzione, ma ho seguito NDP, per tutti i benedetti (“Il benedetto posto è qui”) 15 anni. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.

Non voglio neanche fare un racconto di questi 3 lustri e nemmeno analizzare le ragioni per cui NDP è stato un successo.

Chi mi segue, troverà le mie recensioni, le mie interviste, i miei video, sparsi qui e là nel web.
Non tesserò le lodi dei creatori dell’Opera, da Riccardo Cocciante, a Luc Plamondon e Pasquale Panella.

Non serve più, già lo sappiamo.

Non parlerò dell’attualità schiacciante del romanzo da cui è tratta l’Opera.
Mi limiterò a documentare cosa ho visto a Verona il week end dell’8 settembre.
Perché alla prima del 2002, io c’ero. Ed all’ultima del 10 settembre 2017, all’Arena di Verona, io c’ero.

IL PUBBLICO DI NDP

Io c’ero, con le amiche che con me hanno seguito lo spettacolo dall’inizio e due neofite.
Ma c’erano anche migliaia di spettatori, che hanno seguito lo spettacolo avvolti in coloratissimi impermeabili da due soldi, comprati all’ultimo momento dagli ambulanti (abusivi? Ma d’altronde i clandestini sono parte dello show) davanti all’Arena.

Pioveva e tirava quel vento gelato che ben conoscono tutti gli spettatori dell’anfiteatro veronese, dove l’aria si incunea nelle volte, negli archi, nei mattoni e sembra impregnare le stesse poltroncine, vedi un po’, pure bucherellate. Ma, d’altronde, “Questa casa farà bello il tempo che fa”.
Il sabato, soprattutto, pioveva, ma hanno abbandonato il teatro solo uno sparuto numero di persone nelle prime file, dove grondava l’acqua direttamente dal tetto del palco (ma non sarebbe stato possibile spostarli? O prevedere qualcosa per evitare l’effetto cascata? Forse i Gargoyles della cattedrale avrebbero trattenuto maggiormente la pioggia).

Indefessi ed entusiasti, gli spettatori erano un bel rebus: per una frequentatrice del teatro come me, fa specie vedere un pubblico così vario.

NDP ha saputo, da sempre, legare vecchie e nuove generazioni (“E qualcosa ci ha legato, per la vita e per la morte”): c’eravamo noi spettatori storici, che seguivamo il primo cast da quando ancora nessuno conosceva gli artisti e nessuno, se non noi, li aspettava all’uscita posteriore. C’erano le nuove leve, i figli di, cresciuti con NDP, perché i genitori ci andavano 15 anni fa ed in casa hanno consumato il cd. Forse solo per questo spettacolo ho visto in platea, negli anni, dei Gringoire o delle Esmeralde in miniatura (pensate a carnevale se vostro figlio vi chiedesse di vestirsi da Clopin: un’idea per risparmiare, visto che “Non abbracciamo che stracci”).

C’erano, ahinoi, alcuni che vedevano lo spettacolo per la prima volta, convinti dall’amico, dal parente o dal fidanzato: e a fine spettacolo, si sono chiesti cosa si fossero persi fino ad ora.

TRA IL PUBBLICO E IL PALCO

E cosa c’era tra questo pubblico variopinto e variegato ed il palco?

Il golfo mistico? La buca dell’orchestra, che ha fornito all’ultimo nuovi posti per la platea?
Anche. Ma soprattutto un’organizzazione perfetta, una crew che ha riempito l’Arena in sicurezza e in massimo ordine, a partire dalle file per i biglietti (e in questo caso complimenti anche alle persone, che hanno atteso tranquillamente i tempi ragionevolmente lunghi), per passare ai controlli all’entrata (via i tappi dalle bottigliette), al servizio di sicurezza all’interno.

Ho visto personalmente un’addetta alla vendita fare telefonate per trovare un posto all’ultimo momento ad un disabile e al suo accompagnatore. Ho visto la stessa spiegare pazientemente in inglese a turisti stranieri, che passavano per caso, cosa fosse NDP e dove convenisse comprare i biglietti.

Solo pochi spettatori sono stati ripresi per aver utilizzato cellulari o macchine fotografiche; pochi altri hanno aperto e subito richiuso gli ombrelli.

Nessuno ha percepito tensione o pericolo, il tutto è stato una grande festa, un ritrovo.
Mezza platea, come da tradizione, si è riversata sotto il palco per il finale, e nessuno ha avuto problemi o fastidi, almeno dove ero io.

IL PALCO

Il cuore pulsante di NDP.

La piazza della Cattedrale, dove tutto si svolge su 4 livelli. La Cattedrale stessa. Il Val D’Amore. La Corte dei Miracoli.

Gli artisti storici che hanno dato il meglio di sé per l’ultima sera.

Anche qui, non parlerò del carisma, del talento, dello studio, della preparazione sul personaggio o della capacità interpretativa di Giò Di Tonno, Lola Ponce, Vittorio Matteucci, Matteo Setti, Graziano Galatone, Leonardo Di Minno e Tania Tuccinardi: fiumi di parole sono stati scritti (“Un fiume che mi tocca il cuore”).

Vi dirò le sensazioni.

Vi dirò della rabbia di Frollo quando ha accusato la zingara o del suo disperato Ti amo.
O della disperazione di Quasimodo che chiede il perché dell’ingiustizia del mondo. O della rabbia gridata alla Luna per i tormenti ed il pianto dell’umanità di Gringoire.

O gli ultimi di Clopin o la preghiera pagana di Esmeralda.

Perché l’empatia dell’ultima replica era al massimo, le emozioni per gli artisti, amplificate dalla cassa di risonanza dell’Arena, del vissuto di 15 anni passati, dei 15 anni di vita loro e dall’eco dei sentimenti del pubblico.

15 anni in cui loro hanno vissuto NDP, ma non solo. Ciascuno di loro, in questo periodo, ha percorso anche altre strade, ha fatto altri spettacoli, si è sposato, ha avuto figli, è cambiato. Ed il bagaglio artistico e di vita sale sul palco ogni sera con l’attore: 15 anni nella gobba di Quasimodo, 15 anni nella gonna di Esmeralda, esperienze che non appesantiscono, ma aumentano la densità.

Allo stesso modo, anche chi ha seguito il tour, è cambiato: lo spettatore ha visto altri spettacoli e ha vissuto la sua vita.

Tutto questo, si è armonizzato ed è arrivato a conclusione nelle sere di chiusure in Arena.
Si è fuso tra il palco, la platea e la gradinata.

Vittorio Matteucci ci disse, in uno degli incontri personali con gli amici che con me seguivano il tour, che NDP è stata un’alchimia: la nigredo del vissuto, con gli alti e bassi di vita, ha creato l’oro dell’Opera NDP.

E tutti noi noi la faremo rivivere, da oggi all’avvenire.

LINK UTILI

EDITORIALE 2016

Pagina Facebook www.facebook.com/notredamedeparisitalia

Musiche Riccardo Cocciante
Liriche Luc Plamondon
Versione Italiana Pasquale Panella
Regia Gilles Maheu
Coreografie Martino Müller
Costumi Fred Sathal
Scenografie Christian Rätz

CAST

GRINGOIRE MATTEO SETTI

QUASIMODO GIO’ DI TONNO

ESMERALDA LOLA PONCE

FROLLO VITTORIO MATTEUCCI

FEBO GRAZIANO GALATONE

CLOPIN LEONARDO DI MINNO

FIORDALISO TANIA TUCCINARDI E oltre 30 artisti tra ballerini, acrobati e breaker